Quando c’era la guerra fredda e nessuno sparava missili nucleari


POLITICA E COMUNE, SULL’ORLO DEL PRECIPIZIO -

L’Aquila –(G.C.) – Quando c’era la guerra fredda, le due metà del mondo stavano con il dito sul pulsante che, pigiato, avrebbe scatenato l’apocalisse. Nessuno lo pigiò mai, perché a tutti apparve più conveniente continuare la guerra con altri mezzi, ricorrendo alle armi solo di tanto in tanto per svuotare i magazzini e spendere montagne di quattrini per fabbricarne e venderne di nuove.

Oggi, al Comune dell’Aquila, mutatis mutandis e scesi molto di livello, la guerra fredda è in atto. Più che altro è una biasimevole rissa da pollaio, tra prefiche e cassandre che bofonchiano e si beccano perdendo penne e schiamazzando. Insulti e contumelie, e il rituale, periodico, invifo al sindaco di dimettersi. Intanto, la sottosegretaria alla ricostruzione Paola De Micheli se ne sta lontana, estromessa da gelosie e ripicche da chi temeva di essere messo in ombra.
Da queste parti si combatte, sotterranea e smodata, la sorda battaglia in vista di candidature e cordate per spaparanzarsi sugli scanni comunali. Il voto non è lontanissimo, politici ormai in declino o usurati dal tempo pensano: cosa farò domani? La Provincia non c’è più, la Regione è cosa pescarese. Non resta che il Comune, non rimane che l’ambito ma scottante trono del sindaco. E incombono nuove lergioni minacciose sotto le insegne dei Cinquestelle e dei Salviniani. I primi sicuramente temuti.
Quanto agli spazi in Parlamento, intendendo la Camera – visto che il Senato dovrebbe evaporare – sarà dura: di certo il PD penserà a nomi nuovi.
In questo stagno di melanconiche prospettive, le guerre politiche in Comune, le esortazioni a sfiduciare Cialente (dai salviniani), quell’eterno equilibrio precario in bilico, quell’orchestra (sfiatata) che suona livida e stridula mentre il Titanic affonda, producono il minimo storico della fiducia risposta dai cittadini nelle istituzioni. Che è quello attuale. Tra figuracce e disperati appelli alla dignità amministrativa.
E’ certo solo che L’Aquila con una crisi comunale, in questo momento, sarebbe il suicidio con la cicuta ma anche il massimo della cretineria politica. Che forse qualcuno ha ancora paura di raggiungere. Raccogliere 17 firme per sfiduciare il sindaco – come dicono i salviniani – non dovrebbe essere difficile. Ma ancora non avviene, perché prevale la paura di essere incolpati, domani, del naufragio definitivo della città. Alla quale, per implodere, basta una spintarella, ma con firma e faccia. E chi ce la mette la faccia? Tutto si può dire dei politici, meno che siano coraggiosi e leali. Dunque…


01 Maggio 2016

Categoria : Politica | Senza categoria
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