Deficit etico, atenei e paroloni


Nei telegiornali che riferiscono dello scandalo in molte università girano oggi paroloni, tipo deficit etico. Come dire, basso o infimo profilo del costume imperante – da sempre – nel mondo universitario. Baroni, amici degli amici, cattedre elargite a chi ha potenti santi in paradiso, totale indifferenza per chi ha titoli, meriti, capacità, diritti. La scoperta dell’acqua calda. Nelle università, in molte università, è così e lo sapevano tutti. Nessuno denunciava, sperando di poter un domani sedersi a tavola. Beneficiare del sistema brulicante di nefandezze.
Forse non sempre e non per tutti è stato così, almeno speriamolo. Ma per molti non c’è dubbio. I rettori hanno sempre spadroneggiato con la corte dei loro sodali compiacenti. L’Italia ha un deficit etico nel DNA, esteso, blindato, accettato. Il merito vale zero, non solo nel campo universitario. L’inchiesta in corso lo conferma, ma non fingiamo stupori e soprassalti moralistici: lo sapeva la politica, lo ha spesso voluto e avallato. Né stupiamoci se in tanti vanno via, senza neppure pensare di tornare. Italiani, questa è l’Italia che abbiamo accettato e spesso sperato di poter condividere. Il deficit etico è emblema nazionale.

PENSIERINO - Chiediamoci come mai tanti docenti insegnano senza dottorato di ricerca, e fanno carriera, mentre chi il dottorato ce l’ha – conseguito a spese dello Stato – è fuori dal mondo universitario e non ne farà mai parete. A chi frequentava i corsi di dottorato veniva detto: “Per ora prendi 800 euro al mese, ma poi trovati un lavoro”.



27 Settembre 2017

Gianfranco Colacito  -  Direttore InAbruzzo.com - giancolacito@yahoo.it

Categoria : Editoriale
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