Case classificate A,B,C,D. Ma sono sicure?


L’Aquila- (di Giampaolo Ceci) – Le case classificate A, B, C, D, sono sicure? Ovvero dopo i lavori di “riparazione “c’è o non c’è pericolo per l’incolumità delle persone che tornano ad abitarle in caso di nuovo sisma? Per capirlo facciamo un po’ di storia. Dopo il sisma del 6 Aprile, i tecnici della Protezione Civile hanno fatto migliaia di sopralluoghi riempiendo le famose schede AeDES che sono schede per stimare l’entità dei danni.
Nelle schede si attribuisce, infatti, la famosa classificazione A, B, C, D, E, F, che sintetizza il tipo di danno rilevato sulla costruzione in esame a causa del sisma.
Sulle schede AeDES bisogna fare altre precisazioni.
La prima è che le schede contengono valutazioni soggettive e qualitative del rilevatore che non nascono dall’esatta conoscenza della struttura e del suo comportamento in caso di sisma, si limitano a registrare i danni visibili;
Prova ne è che in alcuni casi, due strutture uguali, ma con danni diversi sono state classificate in modo diverso.
Si verificano anche casi di strutture che sono state classificate C da un tecnico e poi successivamente D o E da un altro.
La classificazione finale che scaturisce dalle schede, quindi deriva da valutazioni sugli effetti del sisma sulla struttura e non invece sulle cause che hanno generato i danni, tantomeno contengono indicazioni sulla capacità residua della struttura di opporsi ad altri sismi.
È qui che è nato l’errore. Si è fraintesa la classe di danno con la resistenza residua. Ovvero s è ritenuto che a piccoli danni corrispondesse una buona capacità della struttura portante di resistere a futuri sismi. Per questo motivo per le strutture classificate A, B, C, D non è stata prescritta alcuna verifica statica finalizzata a controllare che, seppure poco danneggiate, avessero ancora la capacità di resistere a futuri sismi.
Si è detto: “ se i danni sono stati di modesta entità allora non è necessario verificare la capacità portante della struttura perché se capitasse un altro sisma non potrebbe succedere nulla di più grave di quanto è già avvenuto”.
Un ragionamento poco scientifico che nessun tecnico serio sottoscriverebbe. Tutti gli strutturisti sanno bene che la direzione di un sisma può cambiare e un edificio che reagisse ad un’accelerazione al suolo proveniente da Nord mal ne sopporterebbe una che invece provenisse da Est. Purtroppo i sismi non sono tutti eguali.
Con questa logica si è proceduto “riparare” i danni degli edifici “poco” lesionati ( anche se il “poco” poteva anche essere una pericolosa lesione capillare, ma passante su un muro portante) .
I tecnici esperti sanno bene che irrigidire un setto murario non sempre significa rendere la struttura più resistente alle azioni sismiche.
Un cuci e scuci è stato assimilato a una doppia parete armata se non addirittura ad un semplice intonaco con riempimento. Non la sicurezza, ma il costo massimo ammesso è diventato il fattore prioritario da controllare.
Questo per gli edifici classificati A, B, C, D, Per quelli classificati E, invece si è fatto il ragionamento giusto: ovvero, si è imposto il calcolo di verifica della capacità portante della struttura e poi si è imposto che questa venisse consolidata fino a raggiungere almeno il 60% di resistenza rispetto a quello imposto dall’attuale normativa per le strutture nuove.
A parte la complessità della valutazione di quel 60% , c’è una bella differenza rispetto a quando si è fatto per le case classificate A, B, C, D.
È vero che alcuni edifici classificati E poi si sono rivelati essere in linea con la norma antisismica attuale a dimostrazione di quanto sia fallace stimare la resistenza di una struttura dai danni visibili, ma è anche vero che ora si sa che le strutture classificate E dopo i lavori di consolidamento GARANTISCONO che in caso di ulteriore sisma non potranno crollare.
Che garanzie abbiamo invece della resistenza ad un nuovo sisma degli edifici riparati classificato A, B, C, D? NESSUNA.
Queste strutture potrebbero resistere come potrebbero anche non resistere, semplicemente perché a nessun tecnico è stato imposto di controllarle, neppure in forma semplificata.
In queste condizioni di incertezza entro l’anno torneranno 6 o 7 mila famiglie a rioccupare le loro case dopo lavori di “riparazione”. Questa è la situazione oggettiva. Mi auguro che qualcuno mi argomenti dove sbaglio.


23 Agosto 2010

Categoria : Dai Lettori
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