Opinioni – Ricostruzione. Quali le responsabilità dei progettisti?


(di Giampaolo Ceci) – Tutto procede confusamente nella ricostruzione aquilana. Ma forse, più propriamente si dovrebbe dire che il sisma aquilano sta mettendo in luce tutti gli orpelli burocratici e la confusione legislativa che c’è nella legislazione italiana sulle tematiche delle costruzioni edilizie.
Pensare di applicare le leggi attuali in condizioni di emergenza è un errore grave perché i tempi delle procedure sono inconciliabili con le velocità decisionali che si richiedono in questi casi.
Speriamo che il Commissario condivida questa valutazione e finalmente dia il via ad un corpus giuridico snello da usare specificatamente nel sisma abruzzese.
Per quanto riguarda le progettazioni bisogna ricordare che quelle della ricostruzione hanno una loro peculiarità: richiedono l’apporto di tecnici di diversa specializzazione, infatti, non si tratta di intervenire solo sulle strutture, ma anche sugli impianti e quando possibile anche sulle distribuzioni interne.
In particolare si rende necessaria l’opera di un rilevatore dell’esistente, di un geologo, di uno strutturista, di un impiantista elettrico, uno termico e di un architetto, di un computista, di un contabilizzatore, di un coordinatore della sicurezza, di un collaudatore (lasciamo da parte gli esperti per gli interventi vincolati a valenza artistica o altri casi specifici).
In questi tipi di progettazione si rende obbligatoria anche una figura poco usata in generale: il coordinatore del gruppo di progettisti che oggi è divenuta materia specialistica perché cura anche la gestione del contratto con gli esperti dell’impresa .
Purtroppo, per quanto riguarda lo stuolo dei progettisti i guai non finiscono qui. Per come sono erogati i contributi o indennizzi (la questione è scomparsa dalle cronache) si presenta anche un’altra questione: le progettazioni delle parti private.
Il numero di progettisti quindi può aumentare esponenzialmente, in quanto ciascun proprietario nell’aggregato potrebbe lecitamente pretendere di avvalersi di un suo progettista di fiducia se non anche una sua impresa, per gli interventi da realizzare internamente al suo alloggio. Si assiste quindi anche a commistioni tra progettisti delle parti condominiali o comuni e quelli delle finiture interne. Insomma un bel caos.
Se fosse solo una questione organizzativa non ci sarebbe da preoccuparsi troppo, ma purtroppo la questione riguarda precise responsabilità professionali che investono reati perseguibili sia civilmente che penalmente.
Difficile risalire al progettista responsabile in caso di contestazioni.
Facciamo alcuni esempi per capirci. Il direttore dei lavori spende più del contributo concesso. L’impresa chiede di essere pagata per quanto realizzato i più. Chi paga?
Il proprietario imputerà la causa del danno al Direttore dei Lavori che a sua volta chiamerà in causa i progettisti che hanno sbagliato il preventivo; i progettisti si rimpalleranno le responsabilità per poi alla fine imputare il danno all’imprevedibilità di quanto trovato in corso d’opera o alle varianti chieste dai proprietari. Lo Stato non caccia un euro in più, i proprietari neppure, l’impresa chiede i danni e gli interessi. Se i lavori non sono ultimati tutto si ferma anche per anni in attesa della sentenza del giudice.
Peggio mi sento se dopo qualche anno l’edifico “consolidato” subisse gravi danni a causa di un altro sisma.
Di esempi come questo se ne potrebbero fare molti.
Basterebbe che i progettisti istituzionalizzino il loro rapporto e le loro diverse responsabilità, costituendosi in associazioni temporanee di professionisti con relativi patti parasociali.
Certamente ci sarebbe maggior chiarezza dei ruoli e consapevolezza delle responsabilità che si assumono con l’assunzione degli incarichi professionali.
Gli avvocati lavorerebbero più adesso, ma meno dopo.


16 Gennaio 2011

Categoria : Dai Lettori
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