L’Aquila – A sentirli nelle tribune elettorali, ognuno di loro candidati presidenti farà dell’Abruzzo una specie di Svizzera – Alto Adige. A noi basterebbe un Abruzzo migliore del Molise o della Basilicata… Mai campagna elettorale fu, a memoria, più partecipata e accalorata. Alla domanda “perché tanti big e a chi interessa tanto l’Abruzzo?”, Berlusconi ha risposto “prima di tutto agli abruzzesi”. Come dargli torto?
Ha ragione pure quando parla di ricostruzione e rammenta che lui le case per i terremotati le fece in cinque mesi. Poi dieci anni non sono bastati neppure per la caserma dei vigili del fuoco…
Piluccando, si potrebbe dire che gli uscenti quasi gliel’hanno regalata, agli aspiranti, la autoesaltazione. Sempre piluccando – come si fa con un grappolo di uva – tra frasi e roboanti promesse, si deve anche aggiungere che sproloquiare è facile, ma poi bisogna vedere i fatti. Ovvio.
C’è stato chi l’ha sparata grossa, dicendo che da Roma a Pescara in treno ci vogliono sei ore… O chi giura che cambierà l’Abruzzo rigirandolo come un guanto. Altri scoprono l’acqua calda, parlando di skipass unico per sciare, oppure giurano che salveranno i piccoli ospedali e terranno in vita i piccoli tribunali. Uno assicura di aver camminato su tutte le montagne abruzzesi, ma non sa sciare. Un altro la betta sulla cultura e promette milioni come noccioline. Ma il castello museo dell’Aquila dopo 10 anni è ancora chiuso. Per i giovani, lavoro e futuro, ma a L’Aquila le scuole ancora non ci sono. E le fabbriche che emigrano? Non accadrà , promettono. E la burocrazia? Tutti pronti a giurare che sarà ridotta. Intanto sono dieci anni che non si parla neppure più del Duomo dell’Aquila. E il porto di Pescara continua a insabbiarsi.
Manca, nel fuoco d’artificio, un tema basilare: soldi europei spesso disponibili ma non spesi. Per pura e semplice incapacità.
Ma ora basta piluccare. Ci siamo, il voto è alle porte. Noi le promesse le abbiamo annotate tutte. Lo facciano anche i cittadini che stanno andando alle urne.