(di G.Col.) – Cara città di Pescara, cari pescaresi, è da L’Aquila che vi raccomandiamo di amare la vostra piazza Salotto. Una esortazione (di cui non avete bisogno, speriamo) da una città che la sua piazza del Duomo l’ha perduta. Il cuore aquilano ritagliato nello spazio, infatti, non batte più, palpita sommessamente qualche volta, tentando di riprendere il ritmo della vita che era, e non è più. Quando una città perde la sua piazza, è amputata. Ha moncherini, bisbiglia flebile. E’ l’ombra di se stessa, momentaneamente assente. Si spera, almeno.
^[1]Non è per i ricordi che, cara Pescara, città rivelatasi sorella più di quanto ognuno immaginasse, vi diciamo: amate piazza Salotto. Non perdetevi in polemiche e zuffe politiche. Fate della vostra piazza qualcosa di più bello, vivete la sua ariosa prospettive, la sua adriatica identità di spazio vivente in cui la gente si sofferma, chiacchiera, spettegola, sussurra, occhieggia. Insomma, vive ogni giorno nell’ordinario, prezioso quando lo si è perduto. Così, nella solarità della città affacciata sul mare e sulla splendida fontana di Cascella. Molti ricordi ci legano a piazza Salotto e allo spazio luminoso verso il mare, in lontane tiepide estati degli anni Settanta, Ottanta, quando era bello tirare tardi nel brulichìo di tanta gente, spesso anche bella gente. In una Pescara vivente e palpitante in spensierati smarrimenti di tempo e doveri. Pescaresi, amate piazza Salotto. Fatene una cosa sempre più bella e un simbolo di speranza e di rinascita. Così si chiama, infatti, e questo dev’essere. Per Pescara e per chi la piazza non ce l’ha più. Comprendete che su tutto si può (e forse si deve) questionare, ma non sulla piazza-vita della comunità.