“L’Aquila e le cittadinanze imperfette”


L’Aquila – L’assessore comunale Luca d’Innocenzo scrive: “Il dibattito che si è sviluppato intorno ai requisiti e alle proposte circa i criteri sulle priorità di assegnazione delle abitazioni, si sta curiosamente incentrando sull’idea di definire gradazioni di cittadinanza, o, come definita da alcuni consiglieri comunali, “requisiti di aquilanetà”. Ancora qualche settimana fa l’intera città si mostrava unita nel chiedere “un tetto per tutti” e la “ricostruzione al 100%”. Due binari unificanti, uno, nel campo dell’assistenza provvisoria, tendente ad affermare il bisogno di non disperdere popolazione, di non amputare la città delle sue molteplici cittadinanze, linfa vitale del tessuto economico, produttivo e dei servizi; l’altro nel campo della ricostruzione della città, tendente ad affermare il bisogno di non disperdere un patrimonio edilizio, culturale ed identitario. Un binomio volto da un lato a dare continuità alla città relazionale, o, per dirla più esplicitamente, alla città delle persone; dall’altro volto a ricostruire la città patrimoniale, o, per dirla più esplicitamente, la città delle pietre. L’una e l’altra, in entrambi i casi tutti uniti. Ora, nel vortice generato dalla paura del futuro, i due binari vengono forzatamente incrociati e dentro il campo degli interventi di assistenza alla popolazione viene proiettata la città patrimoniale e una ricerca del tasso di “aquilanetà”. Una forzatura pericolosissima, che divide i cittadini, li mette gli uni contro gli altri e finirà per indebolire sia la forte e unitaria richiesta di “un tetto per tutti”, che la forte e fino ad oggi unitaria richiesta della “ricostruzione al 100%”. Abbiamo ottenuto, proprio alla luce delle proiezioni che il Comune ha fornito sul numero di nuclei familiari con propria dimora classificata E, F o in zona rossa, la rilevazione formale e ufficiale dell’intero fabbisogno alloggiativo e la distribuzione delle preferenze circa le modalità abitative provvisorie, dall’uso degli appartamenti sfitti, al piano C.A.S.E. e specificatamente alle preferenze circa i villagi del piano stesso. Questo dato sarà utilizzato esattamente per arrivare al “tetto per tutti” nell’ambito del territorio aquilano. Naturalmente non sfugge a nessuno che le assegnazioni e le soluzioni potrebbero avere una distribuzione temporale mediamente lunga. Dipenderà dalla Protezione Civile, dipenderà dalla maggiore velocità dei proprietari nell’immettere le abitazioni nel mercato degli affitti, dipenderà dall’utilizzo dello strumento della requisizione. La Giunta Comunale si è dunque preoccupata di suggerire anche, nel momento in cui si rendesse indispensabile individuare una priorità temporale nelle assegnazioni, dei criteri che tenessero conto, oltre ad elementi di forte disagio sociale, delle attività vitali per la città: la scuola, il lavoro, l’Università. Per avere la città intesa come comunità vitale è davvero più importante che nello scegliere a chi assegnare l’abitazione a fine Settembre e a chi l’abitazione a Ottobre o Novembre sia prevalente “il numero di anni di residenza all’Aquila” o l’avere “i figli iscritti ad una scuola dell’Aquila” ?  Questa comunità è davvero disposta a rischiare ulteriori trasferimenti delle iscrizioni scolastiche, con conseguente perdita di scuole e di famiglie che, forse, non avranno tutte un lungo passato aquilano, ma che hanno un futuro da dare alla città dell’Aquila? E questa comunità davvero pensa che la generazione qualificata e precaria che per costruirsi autonomia ha avuto solo la possibilità del fitto, privata com’è delle certezze lavoristiche che alle generazioni precedenti hanno permesso i mutui per l’acquisto delle case, possa essere classificata con una “cittadinanza minore” ? Ed è davvero possibile che una città che con orgoglio difende il suo ruolo di città capoluogo di regione, di città universitaria e della ricerca, di città sede di uffici regionali ed interregionali, possa invece rinchiudersi nell’analisi del dna dei suoi cittadini per graduarne l’ “aquilanetà” ? L’insegnante che ha avuto l’assegnazione di cattedra a L’Aquila ed ha qui trasferito l’intero nucleo familiare, o il ricercatore che è stato attratto dalla nostra Università e dai nostri Enti di Ricerca, i lavoratori della Giustizia, dell’Ospedale, dell’industria specializzata, sono o non sono, con i loro nuclei familiari, la linfa che ha mantenuto vitale la città dell’Aquila? Ed è davvero possibile che un consiglio comunale di una città che ha una storia di città-territorio, dal territorio fondata e ripopolata e che guarda caso ha proprio al suo interno diversi consiglieri comunali provenienti dal territorio extracomunale, possa definire una “aquilanetà” temporalmente e geograficamente ristretta ? Chi soffia per alimentare un conflitto tra i cittadini su chi è più aquilano e più aquilano di chi, ha davvero riflettuto sulla spirale senza fine che si aprirebbe da una divisione degli aquilani ? Io continuerei a chiedere “un tetto per tutti” per la città delle persone e “ricostruzione 100%” per la città delle pietre. Senza divisioni, per avere una L’Aquila sia vitale che bella anche in futuro, evitando di entrare noi per primi nella fase in cui invece di chiedere il necessario, diamo il via alla guerra dei penultimi contro gli ultimi per spartirsi un poco qualsiasi, un poco che non restituirebbe alla città né la vitalità delle persone, né la bellezze delle sue pietre, chiunque “conquistasse quel poco”.

Luca D’Innocenzo

Ass.Politiche Sociali

Comune dell’Aquila


30 Luglio 2009

Categoria : Dai Lettori
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