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Chi vigila negli anni nelle aree molto sismiche sul rischio di crollo degli edifici privati?

31 maggio 2013 @ 17:52 Categoria: Cronaca

L’Aquila – IL CASO DI VIA VENTI SETTEMBRE PONE UN PROBLEMA MAI AFFRONTATO – (G.Col.) – Se si scopre contando morti e rovine dopo un terremoto, come è avvenuto a L’Aquila e nel cratere, che gli edifici crollati erano fatti male, traballanti, costruiti con i piedi, si porta in un’aula di giustizia qualche imputato, si chiedono e ottengono condanne penali e risarcitorie. Ma rimane il velo della più totale inadeguatezza sui retroscena. Raggelante.
Sta avvenendo a L’Aquila. Nei processi, imputati sono quasi sempre persone anziane (in qualche caso novantenni), in quanto la maggior parte degli edifici collassati risale agli anni Sessanta, o prima ancora. Capita che, di solito, siano deceduti molti di coloro che sarebbero stati chiamati davanti ai giudici, se… non fossero morti di vecchiaia.
Un paradosso della lunghissima vicenda giudiziaria scaturita dai crolli, anche se qualcuno rinviato a giudizio o già condannato c’è.
La giustizia spesso arranca tra montagne di scartoffie e agguerriti avvocati che, navigando tra il marasma delle ricostruzioni dei fatti e delle consultazioni di vecchi documenti e lucidi ingegneristici, tirano per le lunghe.
Nessuno, forse, finirà in cella per aver costruito male o ristrutturato peggio. Ci saranno soltanto lunghissime vertenze risarcitorie. L’estenuante giustizia civile farà la parte del leone.
Tutto ciò pone un problema, che ad ogni udienza sui crolli cresce di statura. E diventa enorme.
Quando un edificio viene costruito male, e di fatto è per tutta la sua esistenza a rischio crollo, resta abitato fino al terremoto che lo polverizza, uccidendo persone e distruggendo esistenze. Come è, appunto avvenuto. L’adeguatezza di un edificio viene sancita nel collaudo e nel momento in cui diviene abitabile e abitato. Se personaggi incapaci o corrotti, o peggio, hanno detto sì mettiamo 50 anni fa, la pratica è chiusa. Se arriva il terremoto, arriva anche il crollo.
Altrimenti, ci continua ignari a trascorrere nel rischio vite intere, e anche a lasciare in eredità ad altri la struttura che è ab ovo una trappola mortale. In sostanza, è inesistente quialsiasi tipo di verifica, controllo periodico, sulle condizioni degli edifici che, pur essendo forse in origine accettabili, o non essendolo, possono essersi comunque degradate nel tempo. Un’assurdità che riguarda gli edifici pubblici, gli uffici, le sedi istituzionali, dove anche la dichiarazione di rischio palese non produce alcun effetto (decine di edifici pubblici a L’Aquila, scuole comprese, erano a rischio crollo), ma soprattutto e drammaticamente gli edifici privati, anche se condominiali.
Non esiste un obbligo (o se esiste è ignorato, L’Aquila parla chiaro) di controllare la sicurezza delle strutture abitative. Ci sarebbe da rimanere di stucco se esistesse e se in qualche controllo, un edificio come quello di via Venti Settembre clamorosamente pericoloso e traballante (lo dice il PM Picuti), fosse stato dichiarato abitabile senza timori.
Come sempre quando trattiamo argomenti tanto delicati, saremmo felici se ci fossimo sbagliati, e se piovessero smentite, precisazioni, puntualizzazioni. Ma, ne siamo certi, non pioverà se non acqua dal cielo, in questo sconclusionato maggio.


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