Rovinato dai cinghiali: “Che farò? Porterò letame di fronte alle porte dei palazzi”


Ofena – (Foto: il campo di orzo devastato dai cinghiali a Ofena) – Lavorare duramente per mesi per coltivare orzo come alimento per gli animali. Sudare, accontentarsi di bassi redditi, subire la fatica, la burocrazia, i ritardi, le inadempienze di uffici e autorità. Subire, insomma, l’Italia e l’Abruzzo che l’agricoltura in pratica la uccidono anzichè aiutarla e sostenerla con efficacia e capacità. E una mattina andare nel campo, ai confini tra l’abitato di Ofena e il Parco del Gran Sasso-Laga, trovando tutto distrutto e devastato dai soliti cinghiali. Un tempo, ci dice Dino Rossi, che è il proprietario e il coltivatore di 5 ettari a orzo, i cinghiali non mangiavano l’orzo, ora si attaccano anche a quello, perchè forse non trovano altro da depredare. Sono centinaia, migliaia, aggressivi, dilaganti, invadenti, e nessuno li ferma.
Le autorità e le istituzioni continuano a riempirsi la bocca di parole inutili, a convocare tavoli ed esperti, e a sorridere in televisione. Ma contro i cinghiali, non si fa nulla. I rimborsi dei danni arrivano, se arrivano, tardi e dopo estenuanti viaggi e pratiche negli uffici. Il Parco nazionale non paga i danni: i cinghiali fanno incursioni fuori dai suoi confini, e poi tornano nella sua protezione. Il danno per Rossi riguarda almeno 400 quintali di orzo. “Che farò? Niente, non posso fare nulla, solo andare a scaricare un camion di letame sotto qualche palazzo istituzionale. Non ho altro che il letame…”.
Qualche giorno fa abbiamo pubblicato la lettera di una signora che, semplicemente, diceva: “Catturino i conghiali e ne facciano carne, salsicce e altri alimentari da regalare ai poveri, alle mense, agli istituti benefici, o da vendere a prezzi bassi e contenuti per i meno abbienti”. Proposta sensata, ma, come avete già capito, rimasta nella lettera da noi pubblicata. Nessuno ha risposto, nessuno ha voluto prendere in esame la proposta. “In Umbria si fa” scriveva la signora.
E già, ma qui siamo in Abruzzo, dove l’abitudine è gingillarsi per anni di fronte ai problemi, aggravarli, per poi annunciare soluzioni in cambio di voti. Soluzioni che, dopo il voto, non arrivano mai. Altrimenti non avremmo migliaia di cinghiali che sono arrivati persino in riva al mare.


29 Giugno 2013

Categoria : Cronaca
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