La diabolica ossessione: appunti e disappunti di un ragazzo che amava il cinema (5)


L’Aquila – Continuiamo la pubblicazione (sempre di più gradita e ben accolta dai lettori) delle “memorie” di Gabriele Lucci, che con tutte le sue capacità (che non sono poche) ha tentato di trasformare L’Aquila in Una Città in Cinema, che raggiunse 20.000 presenze in città. Riuscendoci molto bene con la indimenticata manifestazione con questo nome che incantò la città molti anni orsono. E poi siccome eravamo a L’Aquila, e non altrove fu soffocata dalla “cultura” ufficiale timorosa di perdere privilegi, incarichi, poltrone e soldi. Soprattutto…

(di GABRIELE LUCCI) – (Foto: Lucci, Storaro, Sophia Loren, Kirk Douglas, e una drammatica immagine aquilana del 2009) - Se su una cosa inizi a pensarci sopra e’ molto probabile che quella cosa sia gia’ finita. Si lo so non e’ sempre cosi’ ma lo e’ per i rapporti di coppia. L’amore ci ricorda Flaubert non tollera strategie, bilanci, riflessioni. Niente gli e’ piu’ estraneo. A quel punto i conti rischiano di non tornare per nessuno mentre si rischia facilmente di prendere l’accorciatoia per una discesa agli inferi.
Se doveste trovarvi per cinico destino in questa spiacevole condizione sarebbe il caso di aprire il vostro portafogli e recarvi entrambi e subito da uno psicoterapeuta o, piu’ realisticamente, da un avvocato. Vi accoglieranno a braccia aperte. Se poi volete procedere diversamente accomodatevi pure e preparatevi a sbranarvi l’un l’altro come nel film La guerra dei Roses. Esausti, dopo giornate di rinfacci, pensate di guadagnare qualche ora di riposo. Ma nel mezzo della notte qualcuno si siedera’ ai piedi del vostro letto, vi svegliera’ e voi, con la voce rotta dal panico e la saliva che non va ne’ giu’ ne’ su, decreterete il fallimento del vostro rapporto pronunciando la fatidica domanda: allora e’ finita?!
Ma mentre lo dite non aspettate neanche la risposta perche’ la conoscete gia’, e’ li’ scritta sul volto di chi vi ha svegliato, tutta compresa nel suo inespressivo silenzio.Quello che avete letto finora non e’ l’incipit di un romanzo noir fine anni quaranta, ma piu’ semplicemente quanto mi fanno pensare i vecchi film di Bergman e i suoi attori lacerati da una tragica convivenza. Quella luce pronta a illustrare paesaggi dell’anima sui volti martoriati degli attori, o intime atmosfere scandinave, veniva assicurata dalla maestria di un Oscar della fotografia quale Sven Nykvist. Sven venne immortalato insieme a Vittorio Storaro e Nestor Almendros da un big come Richard Avedon. Tre premi Oscar racchiusi in pochi centimetri fotografici.
Questi personaggi vennero all’Aquila in occasione di un festival dal nome Una citta’ in cinema. I piu’ giovani non lo ricorderanno (siamo agli inizi degli anni 80) ma per qualche anno la citta’ divenne un punto di riferimento per la cultura e il cinema in particolare. Passarono un po’ tutti. Attori, produttori, registi e direttori della fotografia. Fino a quel momento il cinema , molto geloso del proprio mito, era sempre stato restio a mostrarsi. L’idea fu invece proprio quella di mostrare tutti i meccanismi della macchinacinema e cosi’ mestieri e tecnologie legate all’immagine vennero alla ribalta e con essi la stessa citta’.
Infatti i luoghi dove tutto cio’ avveniva erano piazze, vicoli, cortili. Insomma l’Aquila come set cinematografico. E fu lanciata in questo modo la consuetudine del mostrare il dietro le quinte, il backstage con una sorta di pig pong tra protagonisti dello schermo e pubblico. Immediato successo. Fummo invasi da migliaia di spettatori e tutti i piu’ importanti media internazionali ne parlarono con i loro inviati. Nel 1985 si registrarono 20.000 presenze. E chi non pote’ venire come Kirk Douglas o Sophia Loren o Peter O’ Toole o che so il Ministro della cultura francese, giusto per citare i primi che ricordo, ci raggiunsero con la loro testimonianza. Per vampirizzare personaggi famosi e convincerli che L’Aquila era nel loro destino accettavo di raggiungerli ovunque.
E se pensate che il tutto avvenisse di fronte a fumanti caffe’ delle loro case vi sbagliate di grosso. Michele Placido mi dette appuntamento a fiumicino tra un volo e l’altro, Vanessa Redgrave nel suo camerino mentre si preparava per una edizione del Gabbiano, il premio Oscar Garrett Brown invece era raggiungibile solo con il 170 della vecchia SIP e cioe’ in teleselezione da cabine pubbliche. Ma il primo “the go-betwen” tra me e il mondo del cinema fu Almendros. Con Nestor si aprivano tutte le porte, e non tanto perche’ aveva vinto un Oscar ma per il fatto di essere riconosciuto come un intellettuale da altri come lui.
Facile dunque che ti parlasse della sua amica Susan Sontag o ti invitasse a conoscere attrici di Almodovar o a passare una serata a casa Truffaut. Laureato come Rohmer in filosofia sembrava prestato al cinema e proprio con questo regista firmo’ il suo manifesto in occasione del film La collezionista. In tutti le pellicole era sempre evidente il suo debito nei confronti di Vermeer e De LaTour. Alla fine degli anni 80 si avvio’ sul suo sunset boulevard accompagnato dall’aids e a Richard Gere, che aveva debuttato proprio con lui, non resto’ che ricordarlo con commozione durante la serata di assegnazione degli Oscar.
L’Aquila gli dedico’ quando ancora era in vita un concerto con una istituzione a me molto cara, la Barattelli e un libro con La lanterna magica. Ma ora basta con questi spezzoni, si va troppo borderline con la nostalgia. Qualche volta e’ meglio abbandonarli nei fondali limacciosi della memoria, sopratutto perche’ non si va verso il futuro guardando continuamente lo specchietto retrovisore. E se e’ vero come sosteneva Tolstoj che siamo tutti uniti solo dalla ricerca di un continuo miglioramento della propria esistenza e’ meglio che pensiamo al domani. E’ per questo che in citta’ non possiamo, oggi piu’ che mai, crogiolarci nei se e nei ma.
In un passato anche culturale che riempiamo di sterili esercitazioni onanistiche. Il futuro, dunque! Ben sapendo come diceva Blaise Pascal che il presente non e ‘ mai il nostro fine: il passato e il presente sono i nostri mezzi, il solo avvenire e’ il nostro fine. Ma non dimenticando nemmeno quanto diceva Orson Welles ne La signora di Shangai, l’importante e’ invecchiare bene. Fate il vostro gioco e per oggi e’ tutto ragazzi.


16 Agosto 2013

Categoria : Cronaca
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