Ma sì, sistemiamo ‘sti ragazzi, anche se molti di loro non sono più ragazzi. E soprattutto, cercano vie di fuga e comodi rifugi nella politica, costruiti sul profitto. Parliamo, è ovvio, della sconcertante vicenda del tfr, il trattamento di fine rapporto, che molti consiglieri regionali potrebbero intascare come dolce viatico verso il ritorno alla vita ordinaria. L’assemblea ha detto sì, il presidente D’Alfonso dice di aver sempre detto no, il M5S mira e spara ad alzo zero invocando la cancellazione dell’atto.
^[1]Intanto, si viene a sapere quanto percepiscono di “pensione” alcuni che all’Emiciclo sono transitati – anche per brevi periodi – e che il popolo non ha rieletto. Begli assegni, anche 5.000 euro mensili per alcuni navigatori di lungo corso, meno di 2000 per i transeunti, quelli che in Regione hanno soggiornato di meno. Gente che, però, quando in Regione c’era, beccava comunque i lauti stipendi di ogni consigliere, assessore, vice del vice presidente, membro di commissione e così via.
Libri tipo La Casta, inchieste giornalistiche, reprimenda, allucchi moralistici, sermoni, giaculatorie, cocenti editoriali dei giornali, trasmissioni tv e chi più ne ha, ne metta, non sono serviti a nulla: la politica è sempre costata, costa e costerà troppi soldi rispetto alla resa in termini pratici. La politica, diciamola tutta, non ha pudore.
Il popolo, invece, ne ha. Invece di lucidare la ghigliottina e di tracimare urlante nelle piazze, a caccia di indecorosi satrapi della poltrona, ha dato una risposta lapidaria nel voto in Emilia e in Calabria, due regioni che più lontane e diverse non potrebbero essere. Ma due regioni abitate da gente che a votare non ci è andata. Se la politica avesse un minimo di intelligenza, capirebbe l’antifona. Ma ingorda sicuramente è, intelligente assai meno.