UNA NOTA DEL GIORNALISTA AMEDEO ESPOSITO –

^[1]Quando nell’autunno di 20 anni fa, ad uno dei componenti (chi scrive) della commissione che decretò la sua iscrizione fra i professionisti, abbracciandolo, quasi come una liberazione, sussurrò: il mio sogno si è avverato!

Fu quel giorno che Isolina Scarsella sembrò avviarsi a vivere in pienezza il mestiere che tanto amava.

Pienezza, purtroppo, mai raggiunta, perché il sogno di giornalista di Isolina è stato interrotto da un malore dopo 50 anni di vita, ma anche e soprattutto per essere stato “picconato” dalla sguaiatezza e dall’attacco rozzo di tanti, forse troppi che nulla avevano ed hanno della sua pur fragile personalità.

Nella realtà, purtroppo, fu costretta a ripiegare su se stessa proprio per proteggere il suo essere scrittrice del vero che la circondava, dapprima entro la redazione del Il Messaggero (protetta, occorre dire, dall’allora capo redattore Guido Polidoro) e poi per un lungo tratto fra i meandri degli uffici stampa della giunta regionale.

Ha resistito in solitudine, senza esser riconosciuta capace di scrivere e criticare con garbo, anche quando raccontò il terremoto all’Asca (l’agenzia stampa cattolica), soffermandosi spesso su ciò che di grave e di luttuoso era accaduto a Roio o nei centri più piccoli della città. Altri luoghi, ma non quelli illustrati da Isolina, entrarono nelle cronache mondiali del tempo.

E’rimasta, fino al termine del suo breve cammino, entro lo svelato sogno, perché nessuno lo ha mai raccolto, preferendo lasciarla ai margini della professione come “eterna collaboratrice”, e null’altro.

Ora, c’è da crederlo, laddove è potrà finalmente ed entusiasticamente dirsi “vera amante” del mestiere che si era scelto: una giornalista della cortesia.