Castel del Monte, nel medioevo a caccia di streghe


Castel del MonteÈ uno dei Borghi più Belli d’Italia, incorniciato da uno splendido paesaggio di monti e impreziosito dalla secolare pietra bianca delle abitazioni, che disegnano l’intricato gioco dei vicoli e incantano con le architetture armoniose, le piccole finestre affacciate sul borgo e decorate da generose fioriture di gerani che qui, in estate, trovano il clima ideale per germogliare.
Castel del Monte, paese delle streghe e degli emigranti, sorge a sud di Campo Imperatore a 1345 metri sul livello del mare, con vista panoramica sulla valle segnata dai tempi lunghi e pazienti della pastorizia e dell’agricoltura: i mandorleti, gli orti fluviali e i boschi di castagno che si stagliano all’orizzonte.
La posizione geografica invidiabile, l’altezza vertiginosa delle montagne e la geologia dei rilievi, rendono il territorio circostante ricco di una incredibile varietà di specie animali e vegetali che contribuiscono ad accrescere il fascino e la preziosità di Castel del Monte.

Un po’ di storia…
Sebbene gli scavi archeologici abbiano confermato la presenza di uomini in queste zone almeno a partire dall’XI secolo prima di Cristo, il nucleo originario del paese risale all’XI secolo dopo Cristo quando la popolazione della Città delle Tre Corone si sposta dal colle di San Marco per sfuggire alle invasioni dei barbari e crea il Ricetto, la parte più antica e più alta del centro abitato. Nel 1223 il nome del paese Castellum de Monte appare per la prima volta su un atto pubblico, la bolla papale di Onorio III. Nel 1315 Corrado D’Acquaviva diventa unico proprietario del borgo e nel 1383 questi lo cede al conte di Celano. Il paese diventa in successione parte dei possedimenti di Alessandro Sforza, dei Piccolomini e infine dei Medici fino al 1743, quando diventa parte del Regno delle Due Sicilie sotto la dominazione dei Borboni.
Nel 1861 con l’Unità d’Italia inizia un periodo di brigantaggio che perdura fino all’inizio del XX secolo quando il paese sembra partecipare ad una intensa ripresa delle attività economiche. Un momento di felice prosperità interrotto dalla lunga fase dei conflitti mondiali e che porterà al fenomeno dell’emigrazione che ancora caratterizza la storia delle famiglie del paese.
Una storia lunga e ricca di avvenimenti, influenze, leggende che ancora oggi si leggono attraverso le opere d’arte che il paese custodisce e che è soprattutto frutto di un popolo coraggioso e forte che ha saputo far fiorire opportunità in un territorio duro e aspro.

Il borgo e i suoi tesori
Il paese, visto da lontano, ha i contorni di un dipinto impressionista: la montagna sfumata nei colori del verde dalla luce pomeridiana incerta, il candore della case-mura che abbaglia gli occhi e sfoca i profili, i tetti rossi che si rincorrono in una successione irregolare e i quattro torrioni lungo il perimetro che sembrano indicare il percorso che ogni vicolo compie all’interno del labirinto delle abitazioni.
Si accede al borgo antico attraverso un monumentale ingresso ad arco ed immediatamente si attraversano il tempo e lo spazio, per essere rapiti da una romantica atmosfera medievale. Un percorso elegante che si snoda attraverso maestosi palazzi e antiche chiese silenziose, come la Chiesa di San Rocco edificata dai superstiti della pestilenza del 1656 in onore del santo che li aveva salvati. Una struttura sorta intorno ad uno dei torrioni della cinta muraria, vicino alla Porta di San Rocco, dall’aspetto semplice con la facciata esterna ornata solo dai rilievi del portale e delle finestre e all’interno un altare in legno scolpito con decorazioni in oro. La Chiesa della Madonna del Suffragio risale alla prima metà del XV secolo ed era la sede della “Compagnia delle Anime del Suffragio” che raccoglieva i più ricchi proprietari di pecore di tutto il paese, per la chiesa è da secoli legata alle tradizioni della transumanza. Un’unica navata ospita una singolare decorazione barocca sulle cornici delle finestre e gli archi e un bellissimo altare maggiore di legno scolpito e dorato e affiancato da colonne che sostengono le statue della Speranza e della Fede. Un dipinto della Madonna del Suffragio è circondato una Gloria di angeli dorati, mentre in una vecchia si può ammirare una statua della Vergine vestita con i tipici abiti castellani e l’altare dedicato a San Giovanni Battista conserva un dipinto che raffigura il santo e che è stato realizzato verso il 1585 da Bernardino di Lorenzo di Monaldo, fiorentino, su richiesta del principe Francesco Antonio dei Medici. L’edificio sacro più antico del paese è la Chiesa Matrice di San Marco, originariamente composta da un’unica navata che diventarono 3 intorno al ‘400. Internamente la chiesa è caratterizzata da una notevole stratificazione di stili con en 14 altari commissionati dalle famiglie più potenti tra il XV e il XVI secolo. In particolare, l’altare centrale, il pulpito barocco e l’organo sovrastante il fonte battesimale, del XVI secolo, sono magnifici esempi di arte in legno intagliato e dorato.

La notte delle streghe
Ogni anno, il 17 agosto si rinnova l’antico “rito de re sette sporte”, un evento carico di magia e fascino che richiama gente da tutta la regione. La festa inizia al mattino con il Mercatino delle Streghe, chioschi di bontà locali e spettacoli di intrattenimento itineranti che coinvolgono tutto il paese e che durano fino a tarda notte, momento propizio per prodigi ed eventi fantastici, come quelli narrati nei Quaderni di Francesco Giuliani, poeta e pastore de luogo: “qui un tempo non lontano si credeva alle streghe, e ce ne sono che ci credono ancora. Quando una creatura si ammalava e il medico non ci capiva nulla e non c’era medicina per guarirla, subito si sospettava che le streghe di notte se la succhiavano. E stupidamente si credeva che le streghe entravano nella casa dal buco della chiave o dal tetto. I parenti, gli amici e i vicini, tenevano subito consiglio, e si deliberava che bisognava fare il giro del paese di notte e passare sotto sette sporti. Il giro si faceva verso la mezzanotte quando le vie erano deserte, e la comare del battesimo doveva portare in braccio la creatura seguita da altre donne tutte in silenzio e, se pure si incontrava qualcuno non si doveva fare una parola, con tutto questo credevano di allontanare le streghe e far guarire la creatura. Si faceva anche in altro modo, si vegliava la creatura per otto o dieci notti, nell’ultima notte anche ad ora tarda si prendevano panni della creatura, si andava fuori dal paese dove due strade si incrociavano, e li si mettevano i panni sopra un pezzo di legno, si battevano fortemente e poi si bruciavano. Qualche volta capitava che la creatura si guariva, e si rafforzava la credenza nelle streghe…”.

Maria Orlandi


08 Marzo 2010

Categoria : Turismo
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