8 agosto 1956 – 8 agosto 2020


Manoppello ricorda i minatori di Marcinelle morti 64 anni fa in Belgio a Bois du Cazier -

Manoppello – Il Comune: “Rispetto e partecipata commozione per ricordare un patrimonio di sofferenze non solo familiari, ma di un’intera comunità che ancora oggi tiene tenacemente viva la memoria di quella tragedia. A sessantaquattro anni dal disastroso incendio della miniera di carbone di Bois du Cazier, a Marcinelle in Belgio, in cui persero la vita 262 minatori, di cui 136 erano italiani – di questi 60 erano abruzzesi, 23 di loro di Manoppello per questo considerata “Città Martire” – il Comune ha commemorato, stamane, sabato 8 agosto, le vittime di Marcinelle con un evento pubblico che ha visto la partecipazione del Prefetto di Pescara Giancarlo Di Vincenzo, del Presidente della Regione Marco Marsilio, del Senatore Luciano D’Alfonso, del vicepresidente del Consiglio Regionale Domenico Pettinari, del consigliere regionale Guerino Testa, del Presidente della Provincia Antonio Zaffiri. Con loro, la giunta, il presidente del Consiglio e i consiglieri comunali di Manoppello, tanti sindaci dei comuni del Pescarese e le massime autorità provinciali e locali dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato.

La cerimonia ospitata nella pizza intitolata ai Caduti di Marcinelle, tra immagini storiche, foto d’archivio, prime pagine degli giornali dell’epoca e cimeli (dagli allestimenti delle mostre Cuore amaro a cura dell’Associazione Marcinelle per non dimenticare e Bosco dei Ricordi di Max Pelagatti a cura di Enrica Buccione, finanziata dalla Fondazione PescarAbruzzo); si è aperta con la deposizione di una corona d’alloro al monumento in memoria delle vittime del Bois du Cazier, seguita da una preghiera e dalla lettura dei nomi delle 60 vittime abruzzesi di Marcinelle.

A ricordare quanti persero la vita nelle viscere della terra mentre facevano il proprio lavoro, la voce di un ragazzo di Manoppello, come simbolo di memoria viva che si trasmette, diventando futuro se affidata ai più giovani.
Accanto a lui, ci sono mogli, figli, nipoti dei Caduti di Marcinelle. C’è la signora Lucia Romasco, una delle due vedove di Marcinelle, insieme alla signora Maria Di Valerio. Lucia è emozionata, ricorda le pessime condizioni di lavoro, la fame, la miseria. Ricorda quella terribile esplosione a Bois du Cazier. Era anche lei in Belgio quell’8 agosto del 1956. Aveva 21 anni e un figlio di 20 mesi, quando suo marito Santino Di Donato, che ne aveva 26, non tornò più dalla miniera. C’è la signora Camilla Iezzi, che si chiama come suo padre Camillo, il papà che non ha mai conosciuto. Camilla nacque nel 1956, mentre si celebravano i funerali dei minatori di Marcinelle. Ci sono anche ex minatori, che hanno lavorato in altre miniere del Belgio. Tutti riuniti nell’associazione Marcinelle per non dimenticare presieduta da Davide Castellucci che gestisce anche un museo.

“Non è superfluo ricordare quanto Marcinelle appartenga al nostro vissuto di comunità. A 64 anni da quella che è comunemente riconosciuta come la catastrofe per antonomasia degli italiani all’estero siamo, ancora oggi, e come ogni anno trascorso da allora, a commemorare le vittime ¬- ha spiegato il sindaco Giorgio De Luca abbracciando idealmente i familiari delle vittime e ricordando Antonio Sacco il minatore più giovane, morì a 16 anni – Non fu la prima né l’ultima tragedia sul lavoro, ma rappresenta uno dei tasselli più dolorosi del variegato mosaico della migrazione italiana nel mondo. L’incendio nella miniera di Marcinelle, avvenuto l’8 agosto 1956 – nel quale morirono 262 lavoratori di dodici diverse nazionalità, tra cui 136 italiani –, non costituì solo l’ennesimo tributo di migranti allo sviluppo economico europeo, ma anche il momento più drammatico di un’intera epopea migratoria”.

“Tutto quello che faremo – ha detto il presidente della Regione Marco Marsilio, ricordando come le storie di migrazione appartengano al vissuto di ciascuno – non sarà mai sufficiente per commemorare Marcinelle e ricordare quelle storie di fame e miseria, ma anche di grande dignità. Oggi celebriamo con devozione le vittime di un disastro nazionale, ma, nel contempo, dobbiamo consegnarne ai giovani gli insegnamenti quale patrimonio imprescindibile delle nuove generazioni che non devono dimenticare cosa accadde in quegli anni in cui la vita degli italiani valeva meno del carbone”.

“Siamo in questa piazza dedicata ai Caduti di Marcinelle per fare un esercizio di memoria e civiltà – ha detto il senatore Luciano D’Alfonso – per continuare a trasmettere una grande eredità che passa per temi importanti a partire dalla sicurezza sul lavoro. Dobbiamo coltivare l’albero della memoria che ha radici profonde ma che è capace di guardare al cielo. Un albero carico di sangue e di dolore che però ci dice di tenere sempre accesa la fiammella del ricordo, per non dimenticare cosa è accaduto 64 anni fa”.

Ha parlato di enorme dignità degli abruzzesi che han¬no vissuto l’angoscioso periodo delle mi¬grazioni dalle regioni più povere dell’Ita¬lia, il prefetto di Pescara Giancarlo Di Vincenzo. “All’epoca gli italiani che lavora¬vano nelle miniere, non erano extracomunitari per¬ché la parola non era ancora stata inventa-ta, ma erano considerati di¬versi. Erano musi neri. Quegli italiani che venivano dall’Abruzzo e da tutta Italia, come dimostra la triste anagrafe della tragedia di Marcinelle – ha sottolineato Di Vincenzo – dimostrarono sempre una grandissima dignità umana e nel lavoro”.

Al termine della cerimonia, i presenti si sono spostati nel vicino cimitero di Manoppello paese per un doveroso tributo ai defunti di Marcinelle che lì riposano in cappella.

Nel pomeriggio si terrà la Santa Messa celebrata nella chiesa di San Nicola di Bari. La giornata si concluderà in piazza Marcinelle che per l’intera giornata si trasformerà in un museo a cielo aperto e dove sarà allestita una mostra di immagini storiche e foto d’archivio a cura dell’associazione Marcinelle per non dimenticare. Chiusura delle manifestazioni in musica con il concerto (ore 22) dell’Ensamble Arkè diretto dal maestro Leontino Iezzi, anticipato dalla proiezione (ore 21) di immagini storiche e foto dei minatori scomparsi.

COSA ACCADDE IN BELGIO

Una delle più gravi tragedie minerarie della storia si verificò l’8 agosto 1956, nella miniera di carbone di Bois du Cazier (appena fuori la cittadina belga di Marcinelle) dove si sviluppò un incendio che causò una strage. 262 minatori morirono, per le ustioni, il fumo e i gas tossici. 136 erano italiani.
Erano le 8 e 10 dell’8 agosto 1956 quando le scintille causate dal corto circuito fecero incendiare 800 litri di olio in polvere e le strutture in legno del pozzo. L’incendio si estese alle gallerie superiori, mentre sotto, a 1.035 metri sottoterra, i minatori venivano soffocati dal fumo. Solo sette operai riuscirono a risalire. In totale si salvarono in 12. Il 22 agosto, dopo due settimane di ricerche, mentre una fumata nera e acre continuava a uscire dal pozzo sinistrato, uno dei soccorritori che tornava dalle viscere della miniera non poté che lanciare un grido di orrore: «Tutti cadaveri!».
In ricordo della tragedia, oggi la miniera Bois du Cazier è patrimonio Unesco.
La tragedia della miniera di carbone di Marcinelle è soprattutto una tragedia degli italiani immigrati in Belgio nel dopoguerra.
Tra il 1946 e il 1956 più di 140mila italiani varcarono le Alpi per andare a lavorare nelle miniere di carbone della Vallonia. Era il prezzo di un accordo tra Italia e Belgio che prevedeva un gigantesco baratto: l’Italia doveva inviare in Belgio 2mila uomini a settimana e, in cambio dell’afflusso di braccia, Bruxelles si impegnava a fornire a Roma 200 chilogrammi di carbone al giorno per ogni minatore.
Il nostro Paese a quell’epoca soffriva ancora degli strascichi della guerra: 2 milioni di disoccupati e grandi zone ridotte in miseria. Nella parte francofona del Belgio, invece, la mancanza di manodopera nelle miniere di carbone frenava la produzione. Così si arrivò al durissimo accordo italo-belga.


08 Agosto 2020

Categoria : Storia & Cultura
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