Terremoto, siamo pronti oppure preferiamo perderci in chiacchiere e polemiche?


L’Aquila – UN RISCHIO CHE C’E’ E C’E’ SEMPRE STATO – (di Gianfranco Colacito) – Prendiamo in prestito le parole del prof. Enzo Boschi, uno dei maggiori sismologi e vulcanologi europei: “Lungo l’Appennino – a proposito della zona di Montereale – i terremoti ci sono sempre stati e nel tempo sempre ci saranno. Non faccio previsioni, nessuno ne può fare, ma questo è certo”. Nel bailamme di parole, chiacchiere, idee, polemiche, paure e frasi in libertà che stanno infuriando sui giornali a proposito dell’interminabile sciame sismico tra Montereale e il Reatino, quelle di Boschi ci sembrano le parole più vicine al realismo. Niente previsioni nè allarmismi, ma una certezza: il terremoto prima o poi tornerà, esattamente come avvenne in passato (la storia va almeno letta, se non studiata) e come i dati statistici lasciano supporre con sufficiente verosimiglianza. Prima , o poi (magari tra anni, speriamo), la terra tremerà e lo farà “anche” con magnitudini locali che possono avvicinarsi o superare il 5-6 Richter. Devastanti da noi (come dice il 6 aprile e come dice la storia, L’Aquila fu distrutta almeno due volte), solo paurosi in altre parti del mondo, dove si è preparati.
Siamo arrivati al punto. Qui siamo preparati non alla ricostruzione (stiamo vivendo questa straziante storia aquilana, e sono passati 17 mesi senza neppure il recupero di pietre artisticamente pregevoli, come abbiamo pubblicato e documentato con Antonio Gasbarrini nei giorni scorsi), ma all’immediato intervento subito dopo un sisma importante?
Diciamo che siamo a zero. Bravi (Protezione civile nazionale) “dopo”, inetti e inermi “prima”. E nessuno, assolutamente nessuno, si occupa o preoccupa di questo aspetto. Che pure viene esaltato su giornali e mass media. Chi bada loro?
Da queste parti al manifestarsi del sisma pauroso, la gente fugge disperata, senza una meta, senza una preparazione, senza cognizione di nulla, magari senza acqua, scarpe, vestiti, telefono, denaro e documenti. Cominciamo a insegnare alla gente che in casa si tiene sempre pronta una borsa attrezzata per una fuga precipitosa in preda al panico. Una borsa con il necessario, compresi i medicinali salvavita che moltissimi assumono ogni giorno. Una borsa con soldi, documenti, carte di credito, bancomat, una torcia elettrica, lo stretto necessario per ognuno. La gente fugge disperata, senza sapere dove andare e dove dirigersi. A L’Aquila era consuetudine affollare piazza Duomo, ma speriamo che tutti abbiano imparato che lì si resterebbe (se non uccisi) bloccati senza vie di fuga o di accesso per i soccorsi. Sarebbe accaduto anche il 6 aprile, con scosse diurne anzichè notturne.
Città e piccoli centri debbono invece disporre di aree ampie e aperte, facilmente raggiungibili su strade comode e larghe, munite di servizi essenziali: acqua, corrente, gas, telefoni, boxes di custodia ben chiusi con medicinali e bevande, carburanti, ricezione internet e così via. Aree che debbono essere mantenute costantemente pulire, vigilate ed efficienti, e non cedute per sagre di paese, giostre o circhi, o peggio per altri usi. Dunque possibilità di occupazione per qualcuno. Quanti occupatori di scrivanie vuote e titolari di intense sbadigliate potrebbero essere destinati a tale adempimento? L’Aquila non ha nulla del genere, ma non ne hanno neppure i centri del cratere, dove certo lo spazio non manca. La domanda è: “prima” che si faccia in tempo a erigere tendopoli, la gente dove potrebbe raccogliersi? Se capitasse d’inverno, le esigenze sarebbero ancora maggiori.
Non soffermiamoci sull’educazione sismica, del tutto inesistente, che invece dovrebbe essere materia scolastica primaria, e sulle esercitazioni (se ne fanno in Inghilterra, paese non sismico…), sulle nozioni che tutti dovrebbero avere, su una preparazione generale alla possibilità di un evento. Sugli aerei i passeggeri vengono istruiti sull’uso di giubbotti di salvataggio e su cosa fare in caso di necessità. Assurdo che i cittadini di un’area sismica non vengano preparati a ciò che può capitare loro. Bisogna cominciare con i licenziare tutti i sindaci che al terremoto non hanno mai pensato, e che non hanno una vera protezione civile. Ma neppure un campo incolto da usare come area di prima accoglienza. L’inchiesta, speriamo, metterà le mani nel marciume politico e amministrativo che esiste circa gli allarmi, gli studi, gli avvertimenti ignorati, i mille articoli di giornale non tenuti in conto da almeno vent’anni. Iniziando dallo studio di Abruzzo Engineering sul rischio sismico e gli edifici (crollati quasi tutti) che dovevano essere abbattuti, ristrutturati, consolidati o semplicemente posti in disuso. Ora pensiamo al presente e al modo stupido e barbaro in cui viviamo e sguazziamo nei rischi.
(Nelle foto: Il prof. Enzo Boschi, le pagine del Messaggero Abruzzo del 1997, molto esplicite e del tutto ignorate, e una mappa sismica dell’INGV sull’area di Montereale negli ultimi mesi)


21 Agosto 2010

Categoria : Cronaca
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