Riaprire il confronto con l’ENI?


Chieti – (di Mauro Petrucci, assessore) – Se la decisione sull’insediamento ENI ed il discorso petrolio, in Abruzzo in generale e nella nostra Provincia in particolare, fosse stato chiuso troppo in fretta? Più sull’onda dell’emotività che dopo un’attenta ed accurata disamina di tutte le ragioni dei fautori sia del no che del sì?
Questa è la domanda che mi vado ponendo da alcuni giorni, dopo essere stato anche io dalla parte dei no a tutela dell’ambiente, del turismo e dell’agricoltura. A provocarmela sono le seguenti considerazioni:
• L’assessore regionale al Turismo ha annunciato che quest’anno non andremo alla BIT per mancanza di fondi.
• Parliamo in continuazione delle opportunità turistiche che la nostra Regione può offrire: “dalla montagna al mare in trenta minuti”, la Regione dei parchi, dei laghi, dei monumenti, del turismo religioso, ecc., poi, vai a vedere i dati, e scopri che il numero dei turisti scende, gli addetti al settore non aumentano e lamentano di essere in crisi. Vai a sciare sulla Majella e, rispetto ad alcuni anni fa, tocchi con mano un evidente e consistente calo di presenze determinato dalla cattiva gestione e programmazione degli addetti ai lavori che, ormai da troppo tempo, non riescono a risolvere nemmeno il problema di uno sky-pass unico oltre che di nuove piste.
L’Aquila, con le sue bellezze, è stata scoperta da molti, purtroppo, solo dopo il terremoto. Santo Stefano di Sessanio è frutto dell’intuito di uno straniero.
Un aeroporto che è stato lasciato soffocare tra i centri commerciali e con possibilità di crescita oramai compromesse.
Le principali località di mare hanno avuto , in passato, solo uno sviluppo di speculazione edilizia e per seconde case, più che per infrastrutture turistiche e ricettive. Vi sono alcune di esse, come ad esempio Francavilla, dove, percorrendo il cosiddetto lungomare, il mare non lo vedi perché nascosto da case e ville costruite sulla spiaggia, con un embrione di porticciolo che si avvia a diventare un aborto. Ad oggi non vi sono programmi finalizzati ad apportare una inversione di tendenza ed a cercare di correggere gli errori del passato; così come non vi sono dei progetti organici per una politica di promozione e sviluppo turistico organico e coordinato da una vera cabina di regia. Tutto è lasciato al caso ed all’iniziativa dei singoli.
• Non certo migliore è la situazione dell’agricoltura dove, quella che è stata la maggiore fonte di guadagno, la produzione vitivinicola, è in crisi da qualche anno. Oramai un ettaro di terreno rende più se destinato per installarvi un impianto fotovoltaico anziché coltivato a vite. Quotidianamente assistiamo all’espianto di vigneti. Siamo sicuri che le nuove generazioni vorranno rimpiazzare i genitori nella conduzione delle tante aziende familiari?
• Molti settori produttivi sono in crisi a causa della delocalizzazione degli impianti di produzione in altri paesi dove il costo di produzione è inferiore al nostro. Altri imprenditori si trasferiscono o non vengono più ad investire da noi a causa dei maggiori costi, tra cui l’addizionale IRPEF ed altri oneri, necessari a pagare il debito della sanità, o per mancato adeguamento delle infrastrutture (rete viaria, un vero porto commerciale). Ed il tasso di disoccupazione aumenta mentre il PIL scende senza grosse prospettive di inversione di tendenza.
Quindi, se consideriamo che quanto sopra esposto si inserisce in un contesto di crisi economica nazionale e regionale che, al momento, non vede soluzioni, ma che, forse, potrà aggravarsi una volta avviato il processo di federalismo, sarebbe forse opportuno riaprire un confronto sul programma di investimento ENI.
Questo non significa, per quanto mi riguarda, aver cambiato improvvisamente idea. Per obiettività ed onestà intellettuale vorrei ascoltare anche le ragioni di chi è favorevole. Non possiamo, infatti, ignorare che ad oggi la progettazione, realizzazione e conduzione di impianti a rischio inquinamento possono avvalersi di nuove tecnologie e sistemi di sicurezza efficaci. Così come è innegabile che grossi problemi di inquinamento, che interessano le nostre zone, spesso sono determinati dall’uso sconsiderato e superficiale di fitofarmaci, abbandono dei loro contenitori e di altro materiale inquinante, ecc.. Proviamo a vedere i dati epidemiologici su alcuni tipi di malattie correlati ad alcune zone e territori a vocazione agricola e forse avremo qualche sorpresa.
Al contrario, se entriamo, invece, in un’agenzia di viaggio vediamo che una delle mete più frequentate dai turisti è Dubai negli Emirati Arabi Uniti, dove i proventi del petrolio sono stati investiti per costruire, dal nulla, un industria del turismo. In quei luoghi, oltretutto, si sono dovute realizzare artificialmente anche le “attrazioni” che noi abbiamo già.
Quindi, perché scartare a priori una opportunità di investimento, a costo zero per gli abruzzesi, per la realizzazione di un vero porto mercantile ad Ortona, per riqualificare la rete viaria, di infrastrutture e per concordare gli interventi a sostegno dello sviluppo turistico? Senza parlare delle possibilità di utilizzo delle royalties e dei posti di lavori assicurati direttamente e dall’indotto.
Sono consapevole che genera più consensi e popolarità dire no. Infatti, alle ultime elezioni regionali è dovuto intervenire direttamente Berlusconi per rassicurare sulla mancata realizzazione del centro oli, ma ripeto, sarebbe opportuno saperne di più per non avere in seguito dei rimpianti. Non sempre le decisioni che trovano il consenso facile sono le migliori e bisogna avere il coraggio di prendere anche le decisioni impopolari.
Per tutte queste ragioni non me la sento di scagliarmi contro il presidente provinciale di Confindustria, Paolo Primavera, che ha scelto la strada per riaprire un nuovo confronto e penso che, forse, meriterebbe maggior sostegno. A meno che qualcuno ci presenti un piano alternativo valido, credibile e con finanziamento certo.


08 Febbraio 2011

Categoria : Dai Lettori
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