Le visite e le non visite

Berlusconi con i suoi sorrisi a 64 denti fece a L’Aquila terremotata 25 o 26 visite. Renzi ha fatto, finora, almeno tre o quattro non visite. Cioè ha detto e fatto dire che sarebbe venuto, e non s’è visto. Non vorremmo che si arrivasse allo stesso numero dell’ex Cav.
L’ultima promessa, appresa in casa PD da chi era stato invitato alla conferenza stampa, è di ieri: Matteo Primo sarà a L’Aquila entro ottobre.
Renzi è forse dilombato dagli impegni, dai problemi, dai grattacapi. Comprensibile. Talora pare persino annaspare un po’, perché si sta accorgendo che governare l’Italia non è difficile, ma inutile, come disse Mussolini. Chi sa.
Tanti gli hanno dato fiducia, tanti altri confidano in lui perché sono alle corde, nel senso che non ce la fanno più ad essere italiani. Tanti ancora sperano daddovero che il giovane premier ce la faccia. Altrimenti, dove andiamo a finire? Nel fondaco, nella rottamazione?
Noi piccoli modesti sudditi di questa Repubblica sdilinguita e residenti nella sua zona più sofferente, l’Aquilano, chiediamo a Renzi di non promettere ancora e di arrivare con buone notizie, ma senza impegni e scadenze, quando potrà farlo.
Speriamo che abbia capito il suo errore numero 1: visitare le scuole del Trentino, invece di quelle dell’Aquila. Che magra… Supponendo che sia solo colpa di cattivi consiglieri, promettiamo a Renzi non tappeti rossi e fanfare, ma richieste precise: leggi per la ricostruzione, e fondi erogati con meccanismi corretti e onesti. Che venga in visita, o no.
Pacatamente, sussurrando, diciamo pure che gli incantatori di serpenti non servono, anche perché qui non ci sono serpenti. E concludiamo: caro premier, una sua visita L’Aquila e il suo strenuo sindaco l’avrebbero meritata subito e senza andare per le lunghe. Non è bello cincischiare. Neppure quando è o sembra utile. Ma non fa nulla. Badiamo al sodo, sempre che ce ne sia. Questo è il punto.