L’attore Guanciale per il Flaiano


Pescara – Ai nastri di partenza la 44^ edizione del Flaiano Film Festival che si aprirà DOMANI, mercoledì 28 giugno al Cinema S.Andrea di Pescara con una carrellata di film fino al 7 luglio.

Alle ore 18,30 primo appuntamento con il Concorso Italiano Flaiano Opera Prima (ad ingresso libero) Sarà presentato il film di Michele Vannucci, “Il più grande sogno”: Mirko è appena uscito di prigione. Alla soglia dei quarant’anni vuole ricominciare da capo, recuperando il rapporto con la compagna Vittoria e le figlie Michelle e Crystel, ma non è facile: se Vittoria e Crystel lo accolgono con fiducia, Michelle lo guarda con diffidenza e ostilità. L’occasione per rifarsi una vita sembra arrivare da un’improbabile candidatura: Mirko, a suo modo popolare nella borgata degradata in cui vive, viene eletto presidente del comitato di quartiere, e si appresta a cambiare le circostanze non solo sue ma di tutti coloro che lo circondano. Ad affiancarlo è l’amico di sempre, Boccione, prodotto dell’incuria e dell’incultura del suo ambiente ma dotato di buon cuore e buone intenzioni. Per entrambi il rischio del fallimento è dietro l’angolo, come è vicino il pericolo di una ricaduta nel vecchio giro di malaffare. Riuscirà Mirko a trovare la sua strada e a costruirsi una nuova identità?
La figura cristica di Mirko (che ha sempre “pensato di morire a 33 anni”) porta la croce del suo passato con la paura di non riuscire di chi “ce sta a provà” ma teme la disillusione, e il quartiere segue la sua parabola: una periferia che Vannucci racconta attraverso inquadrature sovraffollate, dove la nostra vista da spettatori è quasi sempre bloccata da ingombri fisici così come è ostruita (e spesso oscurata) la visione del futuro dei personaggi che racconta, cui manca lo spazio vitale, prima ancora che l’apertura mentale, per immaginarsi un destino migliore. Il più grande sogno è il film di esordio di Michele Vannucci – classe 1987, diplomato al Centro sperimentale di cinematografia – e mescola in egual misura coraggio narrativo, talento registico e vezzi da scuola di cinema. La storia è quella vera di Mirko Frezza che nel film interpreta se stesso (come la figlia Crystel): l’idea di trasformare la realtà in fiction semidocumentaria è buona e assai carismatica l’interpretazione di Frezza, così come valide sono quelle dei suoi comprimari, con un elogio particolare ad Alessandro Borghi, che dà a Boccione sfumature di bonaria ottusità non esplicitate dalla sceneggiatura e a Vittorio Viviani, assai credibile come padre alcolizzato del protagonista. Quando un cast misto di professionisti e attori dilettanti funziona in modo così fluido e coerente significa che il regista sa il fatto suo, cosa del resto evidente nella padronanza con cui gira alcune scene (una per tutte: la festa del quartiere). Anche la scelta di rimanere in equilibrio fra melodramma e commedia è coraggiosa e fa intuire un futuro promettente per il regista.


27 Giugno 2017

Categoria : Cultura
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