Alantino, l’Amundsen di Campo Felice
Campo Felice – (di Gianfranco Colacito) -
(Foto: il rifugio nel cuore dell’altopiano, Alantino Sponta, patate arrosto e una panoramica di Campo Felice innevato) - Parlare di inferno bianco quassù non è esagerato. Una notte chi scrive sfidò il gelo e la neve, con un Suv naturalmente, per andare a cenare da Alantino, con intirizziti colleghi e un grintoso Enzo Lombardi.. C’erano 15 gradi sotto zero e, alla ripartenza, le ruote del veicolo sprofondate nella neve, erano anche bloccate dal gelo. Ripartimmo grazie ad una prima ridotta usata con abilità, senza spaccare la frizione.
Alantino (Enzo) Sponta, foto, l’uomo che sorride sempre, questi luoghi impervi, li ha affrontati come Amundsen la banchisa polare, e a metà degli anni Sessanta ha cominciato a costruire il suo celebre rifugio in mezzo alla piana. Solo come un esploratore, determinato e convinto che ce l’avrebbe fatta. Eravamo in pochi a conoscere Campo Felice. Chi ci arrivava per infrattarsi ad amoreggiare, tra quelle montagne sovrane e imponenti, chi per solitarie camminate, chi alla scoperta del cuore della montagna aquilana. Perché mica c’è solo il Gran Sasso…
Alantino, che sta per riaprire il suo rifugio, conferma: “Nel 1964 con mia moglie Berardina cominciammo: salumi e formaggio agli sporadici avventurieri della piana semisconosciuta. Poi , con il tempo, anche primi piatti, carne alla brace, pasta fatta in casa. Pane casereccio e patate arrostite intere al fuoco: una delizia. Carne cucinata all’aperto e portata dentro. Ugo era l’addetto alla carne. Enzo, cioè io, gestiva i rapporti con i clienti”. Sempre un sorriso per tutti. E il rifugio cominciò a diventare una meta domenicale. Il sorriso c’è sempre.
Ed ecco, un giorno, la sorpresa: la prima giunta regionale la portarono a pranzo proprio da Alantino.
Non è che quei politici capirono granchè, se è vero che ancora oggi, il turismo è all’anno zero e nella piana di Campo Felice ci sono solo insediamenti inutili, compresi due enormi parcheggi mai finiti, dai quale si sparge al vento plastica verde. Un orrore, una ferita alla logica, al denaro pubblico, al turismo abruzzese. Un pozzo di denaro sprecato chi sa in nome di chi e perchè.
Alantino spiega soddisfatto: “La nuova struttura di oggi conta 35 camere, sale, una taverna, sale giochi, bar, garage. Parcheggi, un centro sportivo. La domenica in tanti vengono a trovarmi, anche vecchi amici del 1964…”.
Grazie ad una società che si occupa di piste da fondo, con pochi soldi d’inverno si scia alla grande, si prendono lezioni, e si affittano anche le ciaspole. “Quando il freddo diventa bruciante, tutti con Alantino per un bicchierotto di vino brulè”.In estate, si lavora con parrocchie, gite, escursionisti che arrivano anche dalla Campania. Poi ci sono gare cinofile nazionali. Insomma, ad Amundsen il coraggioso le cose non vanno male.
La conclusione? Rammaricata. Alantino è un pioniere, e con lui pochissimi altri. Ha dato tantissimo ed ha grandi meriti. Ma un vero sviluppo, pensato, programmato, voluto, non c’è mai stato: troppi vincoli, troppi interessi, troppi galli a cantare, e non si fa mai giorno. Neppure le sciate del papa sono valse a lanciare davvero la parte aquilana e lucolana del comprensorio.
Nei prossimi mesi si aprirà la galleria verso l’altopiano delle Rocche, Serralunga, quella voluta da Aldo Jacovitti, un grande padre della montagna abruzzese. Campo Felice e le Rocche saranno una cosa sola. Amundsen Alantino cinquant’anni fa vedeva lungo. Oggi, grazie ad un’idea di Jacovitti sepolta nel dimenticatoio e tra gli ostacoli e le miopie, forse si decolla. Né Alantino né Jacovitti si aspettano un grazie.
Del resto, chi agisce per amore non cerca ringraziamenti. Ci saranno domani altri personaggi così? Oggi che tutti vogliono tutto e subito, senza sacrifici, senza pazienza e simpatia umana? Difficile da credere. Difficile anche da sperare. Però andiamo avanti, non si sa mai…
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