Sul silenzio assordante intorno a Fabiani


L’Aquila – (Di Carlo Di Stanislao) L’ho conosciuto poco e male e quando la sua era già una parabola discendente.
Me lo presentò Errico Centofanti e non ho avuto con lui che un totale di 4-5 conversazioni che, messe assieme, fanno forse meno di due ore. E comunque quelle due ore sono state sufficienti per farmelo considerare fra le intelligenze più vive e migliori che ho avuto modo di incontrare in questa città, dal mio arrivo, nel 1978. Nella sua lettera di commiato Errico Centofanti spera che la memoria degli aquilani nei confronti di Luciano Fabiani sia grata e duratura; ma temo, la sua, sia una vana speranza.
Sono ormai convinto, infatti e da tempo, che l’esercizio dell’amnesia, per non parlare di “dannatio memoriae”, sia una attitudine diffusa in questa, come in quasi tutte le città del Nostro smemorato Paese.
Cancellare ogni traccia di una data persona è divenuto rito reiterato e comune, soprattutto se la persona è stata degna ed ha fatto grandi cose per la comunità.
Forse perché la riconoscenza è molto difficile da portare; o forse sono per meschinità.
E questa attitudine, a quando vedo, non riguarda solo la Penisola.
Pochi anni fa Lucia Pizzorno, autrice di libri per ragazzi, pubblicò un bellissimo saggio dal titolo più che significativo: “L’isola degli smemorati” ed anche se lì si parlava di ragazzi, si intravedeva che l’abitudine alla rapida amnesia ha preso piede in tutto il moderno mondo occidentale.
Ed allora perché amareggiarsi e sorprendersi del silenzio del TSA e di tante altre associazione sociali e culturali, nei confronti di uno scomparso che, in vita, si è molto battuto e speso per loro?
La Rochefoucauld già notava che i grandi “scompaiono interamente, inghiottiti dalla nostra indifferenza”.
Ricordo, nel 2006, di aver presentato, con l’Autore e appunto Luciano Fabiani, “La festa crudele”, splendido tomo sul terremoto de L’Aquila del 1703, scritto ed i suoi effetti da Errico Centofanti e ricordo che già allora, Fabiani sosteneva che da quel disastro, la città si è ripresa con un cambiamento urbanistico e soprattutto antropico: con abitanti nuovi, dominati da paura e rancore, incapaci di guardare al passato ed anche al futuro, concentrati solo su un egoistico e miope presente, incatenati ad un cinismo privo di afflato che ne ha spento, a poco a poco, ogni emozione.
Peccato, perché è emozionandosi e facendolo con trasporto e passione, che la “festa” può ricominciare ed in modo meno crudele.
Insomma nel silenzio di tutti (o quasi) attorno alla morte di Fabiani, c’è la metafora, sempre prendendo a prestito Centofanti, che in questa città non vi è più alcuno “sogno da sognare”. E questo è molto più drammatico delle macerie del sisma recente.


18 Giugno 2012

Categoria : Cronaca
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