Italia: lavoro, non mi paghi, fallisco


Un fallimento su tre? Viene dai ritardi nei pagamenti. A stimarlo la Cgia di Mestre, secondo cui delle 12.463 imprese italiane che hanno chiuso per fallimento, per poco piu’ di 3.800 (pari al 31% del totale) la causa principale e’ da imputare all’impossibilita’ di incassare le proprie spettanze in tempi ragionevoli. Niente meglio di numeri e percentuali descrive una situazione, senza fronzoli, senza chiacchiere e sbrodolature retoriche. Quello che fornisce la Cgia di Mestre è un ritratto istantaneo dell’Italia di oggi.
Ci meravigliamo, e ci impauriamo anche, per quello che sta accadendo a Cipro, dove si eseguono prelievi dai conti correnti dei privati nelle banche. Non dovremmo, perchè qui accade – e da molto – di peggio: i prelievi sono del 100×100, prepotenti e devastanti. La gente lavora, e non viene pagata. Se debitori sono i privati, si può capire (non giustificare, però). Se è lo Stato non c’è niente da capire. In questi giorni a Roma ci si gingilla con la politica, Grillo sbraita, Bersani mugugna, Berlusconi bercia. Ma nessuno grida: paghiamo chi “avanza” il giusto e il dovuto. Tutto qui. Pagando, l’economia ricomincerebbe a girare. Ma è troppo semplice per le menti malate dei padri della Patria. Rovinata, stecchita, assassinata.



20 Marzo 2013

Gianfranco Colacito  -  Direttore InAbruzzo.com - giancolacito@yahoo.it

Categoria : Editoriale
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