Istituzioni contro, in mezzo i cittadini umiliati e offesi dallo Stato assente che gonfia i muscoli


L’Aquila – (di G.Col.) – E’ istintivo, da parte di molti cittadini, stare con Cialente nella storia delle bandiere tricolori rimosse, un gesto di disperazione e di esasperazione da parte del sindaco. Sicuramente illegale (lo sa bene anch’egli). E’ comprensibile l’ironia, tipica ormai sulla incontrollabile rete dei social sul Web. Il popolo si esprime anche con lo sberleffo.
E’ poco elegante, da parte di alcuni, fare politica di basso conio anche in momenti in cui servirebbe a tutti essere uniti, anche se si è avversari o comunque di diversa opinione rispetto al sindaco. Ma all’eleganza della politica siamo disabituati, anzi i giovani non l’hanno mai conosciuta.
E’ sproporzionato, ma esatto, riferirsi alla Tatcher e alla sua guerra per le Isole Falkland, territorio inglese violato dall’Argentina, mossa (e vinta alla grande) con il sostegno delle opposizioni: il momento era grave per la patria e a tutti appariva giusto prima di tutto difenderla. A cannonate, come fu fatto. La potente flotta britannica percorse 11.000 miglia e si riprese le isole delle pecore
Torniamo, comunque, alla nostra ben più modesta realtà.
Cialente ha ormai imboccato una strada, e sarà difficile che la lasci. Del resto, come abbiamo riferito (noi soltanto) ieri sera, il consiglio comunale gli ha dato l’ok e tanto basta. La legge è stata violata? Chi deve essere perseguito, lo sarà. E Cialente certo non se ne preoccupa.
La guerra tra le istituzioni è, di per sè, un’anomalia italiana, un’aberrazione indigesta per la gente. Ma qui siamo di fronte ad uno Stato che offende e umilia una città e la sua popolazione, da ben 4 anni. E lo fa semplicemente perchè i mammouth della sconcia burocrazia o gli incapaci della politica giurano che L’Aquila “è problema nazionale”, ma non aprono la borsa, impiegando mesi per adempimenti che altrove richiederebbero solo giorni. In Germania si rinnova la patente in 24 ore, se si è a posto. In Italia per eseguire lavori da 25.000 euro sul sentiero per l’eremo di Celestino, a Sulmona, occorrono 1.300 giorni e c’è persino qualche dilettante della politica (Antonella Di Nino) che parla di urgenze e di rapidità. O non hanno il senso del ridicolo, o pensano che la gente sia scema.
Il prefetto Alecci dice, un po’ fuori del tempo e della storia, che l’assenza della bandiera è diseducativa per i bambini… Suvvia, prefetto, ne pensi un’altra, lei e i suoi supervip dei vari ministeri. I cervelloni dell’empireo romano. La legge è una cosa, le affermazioni sopra le righe un’altra. I bambini aquilani, e anche tutti gli altri aquilani non più bambini; gli abitanti del cratere; gli abruzzesi che si sentono tali, sono stati offesi, schiacciati al suolo, presi in giro, trattati da stracci e da sudditi bisognosi con la mano tesa, da uno Stato che da 49 mesi non è capace di risolvere un problema: la ricostruzione. Costringendo spesso la gente all’elemosina. Pur sostenendo di avere i soldi per farla. O forse mentendo. Inzuppando il biscotto in una tazza piena di bugie, retorica, false promesse, roboanti impegni che erano solo pagliacciate. Beffando i terremotati. Loro hanno, sì, vilipeso la gente, inducendola a vergognarsi di essere italiana e pentendosi di essere nata o di abitare a L’Aquila.
Ora la misura è colma, l’otre è pieno e può tracimare, con le peggiori conseguenze. Un sindaco sa queste cose e, non riuscendo a cavare un ragno dal buco – estenuato dallo Stato e dal Governo – rimuove le bandiere e restituisce la fascia. Ci dicano i mammouth romani cos’altro potrebbe fare. E non sarà certo il timore di conseguenze giudiziarie a fermarlo. Perso per perso, resti almeno un po’ di sangue nelle vene. Pavidità e acquiescenza sono sempre destinate alla sconfitta. E se anche Cialente avesse torto marcio, o avesse semplicemente agito con troppa enfasi, gli aquilani debbono stare dalla sua parte, perchè nel piatto (che “piange” da 4 anni) c’è semplicemente la loro ex città, con le sue mura che racchiudono il niente, con i suo buio, le sue rovine dolorose, la sua storia piena di lutti e catastrofi, alle quali se n’è sommata un’altra, quella del 2009, e alle quali lo Stato aggiunge lo schiaffo cocente nell’inerzia e della beffa oltre ogni possibile sopportazione.


10 Maggio 2013

Categoria : Cronaca
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