La diabolica ossessione – Appunti e disappunti di un ragazzo che amava il cinema (3)


L’Aquila - L’Accademia dell’Immagine è un malato grave, ansimante, inchiodato in un letto, sotto stretta vigilanza. Quella di un liquidatore. Tutti hanno detto sì al liquidatore, ieri 6 agosto, giorno del verdetto, meno il sindaco Cialente, e così si è passati alla fase decisiva di una storia assolutamente anticulturale e tipicamente aquilana. Una storia a fine non lieto. Pubblichiamo la terza parte degli appunti di Gabriele Lucci, padre dell’Accademia, che ci racconta com’è stato difficile fare qualcosa di buono a L’Aquila e poi doversene andare per assistere da lontano all’epilogo.

(di GABRIELE LUCCI) – Volevo bene a Irene Bignardi giornalista di Repubblica. Frequentavo l’universita’ a Roma cosi’ quando potevo andavo a trovarla. Le ero riconoscente perche’ aveva scritto un bel pezzo sul nostro cineclub. Non era servito pero’ a scongiurarne la chiusura. Io e Massimo Turco (attuale e bravo direttore del moviplex) eravamo oramai sfiancati dal continuo pellegrinaggio in tribunali e questure dell’Aquila per respingere gli assalti volti a farci chiudere. E poi come far fronte a tutte le spese dopo 4 anni avendo ricevuto solo un contributo di 50.000 lire?
Smontammo tutto, che tristezza! A pensare che una delle nostre sfide era quella di non interrompere per nessun motivo la proiezione. Non era sempre facile sopratutto perche’ la pellicola spesso fuoriusciva dalla seconda bobina di raccolta. Quello che si faceva era staccare la bobina e riavvolgere il film a mano, ma quella maledetta ruota davanti continuava a girare sempre piu’ e alla fine un blob di fotogrammi invadeva la cabina con la conseguente frustrazione del proiezionista.
A quei tempi andava alla grande la nouvelle vague. I nostri eroi erano Truffaut, Godard , Rohmer ecc. Piu’ avanti nel tempo a casa di quest’ultimo io , il suo cinematographer Nestor Almendros e lo stesso Rohmer vedemmo in anteprima uno dei suoi Racconti morali. Era talmente caldo…. e l’ambiente chiuso e buio stava diventando una trappola per i miei occhi. Il grande sonno era dietro l”angolo. Luce in sala, salvo! Nestor diceva come tutti sapessero della tirchieria di Rohmer durante le riprese, al punto che se i due protagonisti erano seduti al tavolino di fronte a due bicchieri lui ne metteva uno solo che spostava ogni volta nell’ alternarsi dei controcampi.
Quanto a Godard non si poteva nominare perche’ io ero legato alla cordata della famiglia cinematografica di Truffaut, e tra i due erano mano a mano emersi dissapori profondi. Alla morte di Truffaut organizzammo a l’Aquila uno dei piu’ importanti eventi internazionali sulla figura del regista francese. Vennero nella nostra citta’ la moglie, una delle figlie, la sceneggiatrice, il suo amico Robert Benton, scrittore di Bonnie & Clide oltre che regista di Kramer vs. Kramer e tanti altri. Ma sopratutto il bambino ispiratore dei 400 colpi con il quale Truffaut passo’ alla storia del cinema. Era il suo amico d’infanzia. Gestiva ora un distributore di benzina. Dicevamo del cineclub. Assistere alla fine di qualcosa e’ sempre amaro, non vorresti vedere. Troppi inizi e troppi finali. Troppe cose iniziano e finiscono nella falsa e vigliacca legge degli opposti che alla fine si ricongiungono nel grande Uno. Difficile sopportarlo.
Forse per questo Fellini non metteva mai la parola fine ai suoi film. Pensiamo sempre a storie che devono finire, chiudersi, barattando la nostra vita in cambio di un pur minimo significato. Invece, come protagonisti di film noir siamo costretti nel fluire del tempo a trascinarci per stanze e strade di storia in storia con occhi che hanno visto troppo. Perdita definitiva dell’innocenza. Una unica somma di storie che finiscono sempre allo stesso modo. Giriamo pagina, anzi continuiamo il flash back.
Mi ricordai che uno dei nostri frequentatori del piccolo cinema era Luciano Fabiani, cofondatore del Teatro Stabile e io conoscevo la madre perche’ mi aveva insegnato. Mi costruisco un percorso: parlo con lei e la convinco a presentarmi il figlio, poi convinco lui a convincere a sua volta il regista Antonio Calenda per accettarmi al suo seguito in vista degli spettacoli in allestimento. La prima parte del piano, a fatica , ma riusci’. Tutte le mattine andavo alla banca, le stanze piu’ in alto, quelle rarefatte del potere dove lavorava Luciano e aspettavo che sbrigasse le sue pratiche, poi timidamente bussavo e voila’: Ecco la mia faccia signor governatore, so che non ne puo’ piu’ di vedermi dunque si faccia un favore e telefoni a Calenda e io scompariro’.
Ero diventato a tal punto abituale in quei canonici ambienti bancari che qualcuno comincio’ a scambiarmi per qualcun altro. Si raccomandavano per la nipote, la figlia o che so io…All’ inizio tentai di spiegare, ma ero sempre sopraffatto dalle loro suppliche, cosi’ accettai imbarazzato il ruolo. Ero diventato un giovane e influente dirigente bancario.Incredibile come sia facile passare per altri. Come appunto il Mr klein di Losey o Jack Nicolson in Professione reporter. Ma come dimenticare Henry Fonda nel Ladro di hitchcock? Ricordate, e’ uno dei pochi film di Hitch che finisce male visto che la moglie del protagonista impazzisce per il dolore. A proposito della dicotomia essere e apparire, questo mi fa pensare a come siano cosi’ diversi attori e attrici nella realta’ rispetto a come li vediamo sullo schermo. Diciamo quasi tutti.
Come e’ noto si puo’ essere bassi senza troppi problemi, avere le gambe non perfette perche’ ci saranno le controfigure e altri piccoli difetti, tutti oggi facilmente superabili. Pero’ dispiace sempre se poi li conosci da vicino. Non mi va di deludervi citando esempi in negativo mentre vi faccio i nomi di due che se l’incontraste non vi deluderanno mai: Clint Eastwood e Leonardo di Caprio. Comunque tornando a me oramai la valigia era pronta. Destinazione Milano corso Sempione sede Rai. Oggetto: riprese televisive dell’ agente segreto di Conrad. Attore, Glauco Mauri. Ma adesso il problema piu’ serio . Non avevo soldi. Vi do’ un’ idea dello stato dell’arte.
Papa’ e’ arrivata la bolletta della luce mi dai i soldi? Quali soldi? Brividi nella schiena e terrore. Fase quarta: distruzione terra! Mia madre era morta da tempo, mio padre troppo in la’ con gli anni e la testa. Serve un piano B! Prendo i pochi goielli di mia madre, infilo oro nelle tasche di infreddoliti jeans.Si, li rivendo! Incontro casualmente quella che sara’ la compagna della mia vita e mi dissuade. Piano C. Ho qualche settimana di tempo prima di partire per Milano, vado alla scuola Galvani e avendo una laurea chiedo di insegnare e poi una paga settimanale. Ok, insegno, pago la bolletta, do’ qualcosa a papa’ , qualcosa me lo da’ il mio amore qualche spicciolo ancora del presalario e sono pronto per agganciare il treno per Milano. Avendo pochi soldi il problema alloggio viene felicemente risolto dalla citta’ di Verona. Li’ ci sono dei parenti , ho un tetto per dormire a patto di fare ogni giorno Verona Milano e ritorno. Calenda mi insegna molto e lo seguiro’ attraverso i suoi diversi allestimenti . Finita l’ esperienza ora devo entrare a forza nel mondo del cinema, riprendere la strada maestra. Come fare? E poi avevo bisogno di denaro. Assolutamente. Mi sentivo un protagonista di quei film di strada , scivolavo da una situazione all’altra. A farmi entrare ancor piu’ nella parte ci penso’ una mia zia di S. Paulo molto amica di un commercialista romano senza figli. Cercasi successore di fiducia. Ma certo… Sei tu! dice mia zia . Non so come dire di no. Lei sa come sto messo e dunque….
Problema : il commercialista ha una moglie fissata con la grafologia e vuole sottopormi a un esame della mia scrittura. Lei sapra’ se sono affidabile grazie a come chiudo le a le m le g ecc. . Supero brillantemente la prova. L’ignara non sa!…..Partiamo io e il commercialista perche’ vuole presentarmi a dei clienti milanesi. Di nuovo Milano! Dio ma che ci faccio in questo mondo, che c’entro io! Arriva la soluzione della fase esistenzialista. Lui deve comprarsi un paio di scarpe, entriamo nel negozio. La commessa : e poi per pulirle puo’ usare questo prodotto. Non l’avesse mai detto! Secca risposta condita da disgusto razzista : io le scarpe me le faccio pulire! ….Non lo sopporto piu’ ! L’abbandono e mi scuso con mia zia. E adesso che faro’? Approfitto prima di ripartire per salutare un mio vecchio amico giornalista: Guido Vergani, corriere della sera via solferino. Ha molti piu’ anni di me. Figlio di uno dei padri del giornalismo italiano, Orio Vergani. Come lo avevo conosciuto? Muore il padre, i funerali trasmessi dal tg tutta milano e’ presente e io in quello stesso istante sto leggendo casualmente proprio un racconto di Orio Vergani! Scrivo al figlio un biglietto narrandogli la coincidenza. Nascita di un’ amicizia . Ora siamo insieme al corriere in attesa di pranzare.
Mi lamento, non so che fare nella vita e come farlo. Dietro di lui campeggia una bella donna copertina, sufficientemente discinta per desiderarla. Adesso basta gabriele , e indicando la donna, vedi quella? ci sono due modi per affrontarla: o sogni di averla o tenti realmente di portartela a letto. Tu che vuoi fare? Onanismo del sud, solo sogni felliniani e lamentele… che frustata ragazzi! Ritemprato scosso ma deciso torno dunque all’Aquila . Aspetta….aspetta…ma cosa? Avevo lasciato un biglietto di saluto all’ anziana segretaria di produzione dell’Agente segreto. E’ a Roma per un film di Antonioni. Vieni ti presento il suo direttore della fotografia, Luciano Tovoli re del set e famoso tra l’ altro per l’ultima storica sequenza di Professione reporter. Ma bene! In men che non si dica accetta di farmi stare al suo fianco e portarmi in giro per i set. Devo solo trasferirmi a Roma per un periodo. Vado da una mia zia, mi alzo ogni mattina alle 5 ma dopo un po’ di giorni lei pensa bene di buttarmi fuori di casa: non concepisce quella mia esistenza spesa tra guitti invece di far soldi. Ero gia’ recidivo perche’ un’ altra lontana parente durante la mia frequenza romana all’ universita’ non voleva essere complice del mio tardi rincasare. Meglio che te ne vada. Questo dell’ essere allontanati sta diventando un vizio di troppi nella mia vita.
Ultimamente sono stato allontanato dalla citta’ dell’Aquila reo di aver consumato in modo disonorevole 35 anni di lavoro, insomma una medaglia all’incontrario. Messaggio ai miei antagonisti: Be’ certo che ci sto male, ho delegato alla sveglia la tachicardia e quanto alla prima colazione dopo qualche indugio opto sempre per prelibati attacchi di panico! Dunque avete raggiunto gia’ un buon risultato. Ma che gusto ci si prova a far soffrire gli altri ingiustamente? Comunque ci vedremo tutti presto all’ inferno, sapete! Io mi rassegno, ma voi siete talmente ipocriti che sosterrete comunque di esser finiti in paradiso. E se poi e’ terribilmente caldo, suvvia, e’ solo perche’ hanno esagerato col riscaldamento.


07 Agosto 2013

Categoria : Cronaca
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