Gabriele D’Annunzio seduttore


ATT0L’Aquila – E’ appena uscito per i tipi dell’editore Rocco Carabba, distribuito da Bardi Editore, un bel saggio di 138 pagine di Paola Sorge, dall’esplicito titolo “L’Arte della Seduzione in Gabriele D’Annunzio”. Oltre che seduttore senza scrupoli, maschilista e scialacquatore, D’Annunzio viene archiviato nel secondo dopo guerra come fascista. Il giudizio si dimostra oggi frettoloso e univoco. Non si dimentichi che i rapporti tra il Vate e Mussolini sono stati spesso tesi e che il poeta non partecipò alla regia della marcia su Roma sentendosi “usurpato” dal Duce. Non migliore sorte è toccata al D’Annunzio poeta, antologizzato ormai nelle belle ma riduttive pagine de “La pioggia nel Pineto” o il canto dell’usignolo nell’“Innocente”, o, ancor peggio, nei riassunti scolastici de “Il Piacere. Di certo D’annunzio uomo e poeta è stato liquidato di recente con troppa leggerezza. L’opera di seduzione esercitata dal Vate nazionale nei confronti delle donne ma anche di scrittori, critici, artisti, professori, filologi, bibliofili e nostalgici dei nostri giorni, alcuni dei quali gli hanno dedicato una vita intera e potrebbero costituire a loro volta interessante oggetto di studio, è qui illustrata, analizzata, sviscerata mediante una serie di domande e risposte che mettono in luce le tecniche da lui usate nella conquista amorosa, in quella del successo e della popolarità, infine dell’immortalità. Come mai Gabriele d’Annunzio, bruttino e non ricco aveva tanto successo in amore? E’ vero che aveva tanti debiti, tante scarpe, tanto coraggio in guerra, tanto seguito nel nostro Paese da rischiare di diventarne il premier? Quesiti solo in apparenza semplici e frivoli che molti ancora oggi si pongono e che hanno il merito di far nascere non poche riflessioni non solo sul più carismatico maitre à penser del suo tempo, ma anche sulla mentalità, gli usi e i costumi dei primi decenni del secolo scorso. Si può dire che D’Annunzio fu un dandy e, ancora, che è conoscerlo consente di sfatare un mitto: il dandy non è sempre omosessuale o pederasta. Wilde lo era, Montesquiou lo era, Proust, Cocteau, Jacob lo erano. Ma la raffinatezza del dandy non è esclusivo sinonimo di preferenze sessuali fuori dal comune. Certo, il dandy non ama autodefinirsi come la virilità in persona, ben sapendo che tra l’uomo detto ‘virile’ con la canottiera sporca che sputa per terra e fischia dietro le signore – e lui, c’è un profondo abisso di differenza. Il dandy, in un certo senso, è una donna: ama i profumi, i fiori, i bei vestiti, le buone maniere, l’eleganza formale; ha sentimento, spesso dipinge o scrive poesie, ascolta musica melodica e predilige la calma di un buon libro ad una partita di calcio. Ma l’amore di e per un dandy non è certo rose e fiori. Egli non si vuole assolutamente accontentare di essere un romantico alla ricerca ‘di quella giusta’: Baudelaire, prima, durante e dopo la sua maitresse – così la definisce Edouard Manet ritraendola nel famoso dipinto “Dame à l’éventail” datato 1862, periodo in cui la lenta paralisi degli arti inferiori della ragazza era già in stato avanzato – fu un assiduo frequentatore di bordelli, preferendo assai le prostitute ad una relazione stabile; D’Annunzio che, come già detto prima, era famoso per le sue innumerevoli relazioni con donne carpite grazie ad entusiasmanti lettere d’amore, non si accontentava di tenerne una per volta: il Vittoriale diventava così un luogo d’incontro tra il Poeta e le sue innumerevoli donne, le quaLi erano invitate a rimanere solo una mattinata, perchè poi, alla loro partenza, ne sarebbe arrivata un’altra, ed un’altra ancora. Tom Antognini ricorda, nel suo “Vita segreta di Gabriele D’Annunzio”, non senza una punta di malizia, gli errori negli inviti che a volte commetteva il malcapitato Vate, che si ritrovava a ricevere ben due amanti per volta, le quali naturalmente passavano ore a contenderselo. D’Annunzio sedusse molto, ma fu sedotto e alla ricerca, per tutta la vita, di un particolare tipo di donna: donne del desiderio e del peccato cattolico, che reprime e ammorba ogni felicità, del male voluttuoso e mortifero. Donne espresse nella sostanza da Boudelaire, nella strofa dei Fiori del Male: Mostrando seni penduli tra le vesti aperte, donne si contorcevano sotto il nero firmamento e come un grande armento di vittime immolate, dietro lui lanciavano lunghi muggiti. Un bel saggio quello dell’abruzesse di nascita (oggi vive a Roma), Paola Sorge, una lettura più interessante e stimolante che le arti seduttorie e i “racconti da boudoir” di questi giorni sulla stampa.
(di Carlo Di Stanislao)
(Nella storica foto: Gabriele D’Annunzio)


29 Ottobre 2009

Categoria : Cultura
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