L’acqua l’abbiamo, e tanta, ma o finisce sotto terra, o non passa per i tubi delle reti


L’Aquila – (Foto: cascate lungo il fiume Ruzzo e sullo sfondo il Gran Sasso, e sotto fiumi e cascate d’Abruzzo) – Tutta l’acqua che c’è, per fortuna ancora abbondante, e che l’Abruzzo incapace e autolesionista spreca senza darsene per inteso. Specialmente nel Teramano, dove l’estate 2014 è stata esattamente come quella precedente e quelle precedenti ancora: preda di crisi idriche a ripetizione. Una mazzata pesante per il turismo balneare, di suo già eroso, ridotto, zoppicante. Se sommiamo gli altri problemi che all’acqua fanno capo (fiumi-fogne, mare inquinato, divieti di balneazione) il quadro è deprimente e le perdite delle bandiere blu non hanno prodotto altri risultati, che l’abituale lamentela, il piagnisteo.
Ora l’acqua non manca più, perché le spiagge sono tornate deserte, gli alberghi hanno chiuso quasi tutti, i consumi sono scesi e le autorità possono tornare a fare quello che sanno fare meglio: assopirsi, tanto l’estate 2015 è lontana.
Ma i problemi, quelli enormi di cui gli abruzzesi sentono blaterare da decenni, restano non scalfiti. Sono due: reti idriche che disperdono fino al 40-50% dell’acqua che ricevono, e reti di distribuzione dell’acqua del tutto insufficienti. Sì, avete capito perfettamente: tubi troppo piccoli che non possono ricevere e distribuire all’utenza più acqua nei momenti di crisi idrica.
Sono due problemi passati indenni per le mani (poco capaci) delle istituzioni politiche regionali dai tempi del presidente Falconio a quelli del presidente Chiodi, e oggi a quelle del presidente D’Alfonso. E dei loro costosissimi ma gelatinosi supedirigenti, che per il problema acqua non hanno prodotto un risultato: neppure uno.
Decenni di impegni ed elenchi di somme disponibili o di possibile disponibilità, se vi fossero stati progetti e piani di intervento elaborati. Alla fine, la triste grottesca verità è che solo L’Aquila, ma a causa del terremoto, avrà forse tra alcuni anni una rete idrica capace di contenere l’acqua e di portarla senza dispersioni nei rubinetti dei consumatori.
Quanto alle riserve idriche, ha parlato chiaro in un servizio televisivo nazionale il capo dell’acquedotto del Ruzzo. In sostanza, ha detto quello che tutti sanno, cioè che l’acqua c’è, e anche ottima. Il Gran Sasso ne manda nel versante teramano (e anche in quello aquilano) quantità rilevanti, anche se negli ultimi anni c’è una riduzione fisiologica. Il Ruzzo potrebbe, nei mesi di crisi, erogarne più di quanta ne eroga, ma per farne cosa? Per lasciarla finire nei fiumi, visto che le reti di distribuzione idrica non sono in grado di riceverla. Scoppierebbero. Sono insufficienti. Le opere di captazione sono capaci di spedire a valle più acqua di quanta la rete riesca a riceverne. Incredibile! Molti si chiedono cosa stiano facendo gli enormi tubi per l’acqua accumulati accanto alla strada Alba Adriatica-area commerciale Iper. Tutti si chiedono chi abbia potuto progettare opere di captazione idrica senza preparare una rete di distribuzione proporzionata.
Le risposte non può darle il Ruzzo, e non può darle nessuno. Toccherebbe alla politica spiegare, anche perché certi cervelloni responsabili di scelte tanto dissennate e sconclusionate, non siano stati licenziati e chiamati a rifondere i danni.
Oggi, finalmente, il problema acqua viene percepito “anche” dal sindacato. Abbiamo pubblicato un documento FILCTEM CGIL Abruzzo sull’argomento, con giusti e azzeccati interrogati e richieste di impegno dalla politica.
Che, naturalmente, si è guardata bene dal rispondere o dal fissare scadenze e date per gli interventi.
Lo stile della politica, specie in Abruzzo, è ormai sempre più simile a quello delle cosche: muti, se il tema trattato scotta. A tacitare i troppo loquaci ci pensano dopo. Il muro di gomma solitamente basta a riseppellire i problemi fino all’anno successivo o alle elezioni.


21 Settembre 2014

Categoria : Cronaca
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