Bilancio di un sisma che dura ancora


L’Aquila – (di Gianfranco Colacito) – Tranquilli, non vi annoieremo con cifre, grafici, tabelle, percentuali, date. A noi basta una sola data: 6 aprile 2009. Quella che indica la fine del centro storico dell’Aquila e la distruzione di una quantità di bellissimi piccoli centri, spesso tesori d’arte come Fontecchio. Da quella data, oggi che finisce l’anno della sciagura, si può tentare un bilancio. E’ anche facile.
BIBLICA FUGA AD APRILE – All’inizio una città intera, circa 100.000 abitanti, fuggì. Sbandamento, tendopoli, assistenza a migliaia di derelitti, e 307 morti, oltre a drammatiche legioni di feriti e a persone morte dopo, o profondamente ferite nella psiche. Innumerevoli persone ricorrono agli psichiatri. Vogliamo tancerne?
CASE - I mesi trascorsero, la confusione aumentò, le istituzioni funzionarono (chi più, chi meno, alcuni assai meno, ma non sarebbe giusto muovere accuse e recriminare) e le case furono costruite in tempi velocissimi: stupimmo il mondo. Quasi 5.000. Ciò non vuol dire che alcune cose non andarono affatto per il meglio. Complessivamente, non si può negare che l’emergenza fu gestita bene e che i soldi fluirono come il Nilo.

SOLDI? TANTI - Anche troppi, visti i costi di certi interventi, visto il profitto di certi affaristi piombati sull’emergenza come avvoltoi. Tra loro, anche politici. Lavoro a profusione, ma poco per gli aquilani. Mafia infiltrata. Manovalanza quasi tutta straniera. Cassa integrazione e sostegni ad autonome sistemazioni, o attività rinate. Ma ugualmente un vulnus economico spaventoso, una depressione commerciale e ignobili ritardi nelle approvazioni di aree e attrezzature. Come di opere pubbliche comunali restate al palo, mentre opere stradali imponenti venivano costruite in poche settimane.
ALTROVE - In Dubai hanno finito il grattacielo più alto del mondo (818 metri) in cinque anni. Meno di quanto stia impiegando il Comune ad aprire la variante di Pile. Lasciamo andare, altrimenti c’è da piangere.
IL G8 E LE PROMESSE - Dal G8 solo benefici d’immagine. La maggior parte dei potenti della Terra, a cominciare dagli USA e dal Vaticano, non hanno adottato alcuna opera. Promesse, parole, commozione. Ma nulla o poco di concreto.
TETTI SI’, MA DI ALBERGHI - E adesso? Alcuni dati: le case non bastano, i MAP neppure, le case mobili chi sa quando arriveranno e dove si collocheranno. Migliaia di aquilani sono ancora esuli e sfollati. Sì, tutti hanno un tetto. Un trucco di parole, perché le case non ci sono. Tetto è anche quello di un albergo…
RICOSTRUIRE, UNA NEBULOSA - La ricostruzione? Nessuno sa davvero quando e come, dove e in che modo. Soldi insufficienti, progetti inesistenti, scelte zero, programmazione a caro amico, interventi sulle case lunghissimi e incerti, niente di niente sulle case E-F. Ci vorrebbe un Bertolaso permanente a tempo pieno. Che magari rendesse note le graduatorie di coloro che hanno avuto case assegnate, ma non si sa, in certi casi, perché e come.

MORTI E INCHIESTE – E infine, i morti e le inchieste. Duecento fascicoli, decine di indagati e altri ce ne saranno. La speranza fervida che qualcuno paghi davvero, ma non con soldi, bensì con severe condanne. Voglia di verità e di coraggio, voglia di fare luce su retroscena, ritardi, omissioni, imbrogli veri e propri durati decenni. Voglia di fermezza, che non è dote italiana.
LA GRANDE OMERTA’ - Allarmi sismici oscurati, rapporti sul rischio occultati e negati a chi voleva saperne di più. Soprattutto alla stampa. Esperti ritrosi e ambigui, mezze parole, neppure un prudente invito alla gente mentre le scosse si inseguivano a centinaia, sempre più forti: un invito per dire “uscite di casa” oppure “siate prudenti, preparatevi al peggio”. Tremendo se si ricorda che l’elenco degli edifici ad alto rischio cominciava con il palazzo del Governo. Tremendo se si pensa che alcuni geologi avevano 25 anni fa parlato di sottosuolo “capace di produrre un’eccezionale accelerazione delle onde sismiche”. E nessuna prevenzione o organizzazione della Protezione civile locale o abruzzese.
2010 - Così finisce il 2009. Buon anno 2010, ma francamente è difficile esserne certi. Proviamoci con la forza dei disperati, dopotutto nel 1703 ce la fecero.


31 Dicembre 2009

Categoria : Cronaca
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