“Sindaco, siamo i deportati di Bankitalia”


L’Aquila – Riceviamo “perché arrivi al sindaco Massimo Cialente e per conoscenza al direttore della Banca d’Italia dell’Aquila, Giovanni Alfieri”, la seguente lettera firmata (identità in nostro possesso) che pubblichiamo ritenendola un documento meritevole della massima attenzione. “Sindaco, sono una persona anziana e affetta da invalidità che da decenni è inquilina del quartiere Banca d’Italia, detto Bankitalia. Lei dichiara in tv e ai giornali di volere prima di tutto che gli aquilani stiano bene in salute (anche psicologica), restino in città, e promette per primavera l’inizio della ricostruzione.

Intanto, sta favorendo la deportazione di centinaia di persone nel suddetto quartiere e si guarda bene dal fornire dichiarazioni e risposte sull’argomento. Lo sa che la notte del sisma a centinaia rimasero bloccati nel quartiere per ore ed ore tra odore di gas e luce intermittente?
Saprà che ci costringono a firmare (convocati per telefono perentoriamente) per “rimanere inquilini”, altrimenti è sfratto ed espulsione dei mobili. Sostengono che le case sono agibili, ma rifiutano dichiarazioni e documenti sui sondaggi geologici. Pretendono di farci tornare in due palazzi, gli altri sono ko, attorno ai quali ci sono solo desolazione, crolli, deserto e morte, senza gas per cucinare. Non ci sono parcheggi e c’è gente come me che dipende dall’uso dell’auto. Nessuno potrà venire a trovarci, neppure i sanitari per le prestazioni domiciliari. Vivremo tra ruderi, case vuote, finestre spente, cani randagi (c’erano prima figuriamoci adesso) completamente circondati dalla città crollata e puntellata. Strade buie e sinistri rumori, nemmeno un negozio, un tabaccaio, un bar, niente spesa, e via Venti Settembre senso unico obbligato, tutta al buio. Un vecchio solo in questa situazione non fa altro che morire prima: che città accogliente! Se la Banca d’Italia pretende i fitti glieli pagheremo, ma nessuno tornerà da deportato in quella tremenda zona cittadina che lei ha voluto riaprire, per fare un piacere alla Banca o per che cosa? Non è possibile accettarlo mancando i certificati geologici e di agibilità. Dalla finestra vedrò un palazzo semicrollato e un altro classificato E. E’ questa la città che lei vuole riabitare e far rivivere? Che vita dovrebbe essere? Ognuno di noi non farà altro che cercare un’altra sistemazione, se potrà, e magari un’altra città in cui un sindaco, che è un medico, tratta i suoi malati come sta facendo con noi malcapitati di un’ex zona rossa, che più rossa non potrebbe essere, perché è massacrata, ma si pretende di rimetterci le persone come in un ghetto. Se poi uno è povero e non ha altre scappatoie, dovrà ammalarsi di mente nel quartiere e sarà preda di depressione. Potrebbero anche avvenire cose piacevoli: nessuno dica che non era prevedibile, per anziani, soli e ammalati.
Se è questo che il sindaco vuole, sia pure così, ma nessuno parli di rinascita, ricrescita, condizioni favorevoli ai cittadini. Per noi non è affatto così. So che lei non risponderà, ma la gente deve sapere come stanno le cose per i deportati della Banca d’Italia. E pensare che io l’ho persino votata alle elezioni. Il Sole 24 Ore con il suo successo l’ho strappato”.
(Nella foto un palazzo pericolante sul quartiere Bankitalia: la gente dovrebbe abitare a pochi metri e passarci ogni giorno sotto, protetta da un tunnel di tavole e tubi metallici – Foto sotto: attorno al quartiere lo scenario è questo)


15 Gennaio 2010

Categoria : Dai Lettori
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