INGV: Canpotosto preoccupa come sempre e quanto tante altre aree a rischio sismico


Dal sito dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia INGV: “Dopo i terremoti di ieri notte a Campotosto, arriva il commento del sismologo di Ingv Alessandro Amato.
Sempre puntuale e preciso, Amato spiega cosa è successo, ma ancora una volta sottolinea come è impossibile sapere cosa succederà in futuro. E parte nel suo commento da alcune premesse: “nessuno sa cosa potrà succedere a breve nella zona di Campotosto; l’unico modo per stare tranquilli è la sicurezza degli edifici; l’aumento dell’attività non cambia sostanzialmente le cose, e se le cambia le cambia in peggio; non è detto che una diminuzione le cambi in meglio. Iin altre parole: non seguiamo queste oscillazioni – fisiologiche durante una sequenza – per decidere come affrontare il rischio sismico”.

Detto questo, un paio di considerazioni sulla sequenza e sul perché siamo tutti un po’ preoccupati di Campotosto, oggi come uno o dieci anni fa, e come lo siamo di tante altre aree sismiche del Paese. La zona è sede di importanti faglie attive, capaci di produrre terremoti di magnitudo pari o superiore a quella del 30 ottobre.

L’attività di questi mesi ha interessato le varie faglie dell’Appennino centrale in modo molto complesso, come mostrano i dati sismologici e quelli dal satellite (figura. Se guardiamo uno schema in cui vengono sommati tutti gli spostamenti delle varie faglie durante i terremoti dal 24 agosto 2016 a gennaio 2017 (e quello del 2009 all’Aquila a sud), notiamo questa grande eterogeneità. I diversi colori indicano di quanto si sono spostate le varie faglie: c’è una zona di forte movimento (colori scuri) a est di Norcia che rappresenta quella che si è mossa di più, fino a oltre due metri (con il terremoto del 30 ottobre); altre che descrivono i movimenti dei terremoti del 24 agosto e del 26 ottobre (colori verde-giallo, circa 1 metro di spostamento cosismico), e quello del 2009 a sud.
Se guardiamo la zona intermedia tra 2009 e 2016 (Campotosto-Pizzoli), troviamo colori molto tenui, in ragione del fatto che gli spostamenti totali dei terremoti del 2009 e del gennaio 2017 sono stati modesti, tra 0 e 50 cm; se sommiamo l’energia cosismica rilasciata da questi eventi si arriva a circa 5.8, molto inferiore al potenziale stimato. Questo può voler dire che questo settore deve ancora rilasciare la deformazione accumulata nei secoli, e può farlo domani o tra molti anni, forse secoli. Alcune parti potrebbero anche essere sottoposte a scivolamenti asismici, e quindi non avere accumulato tanta energia.

Purtroppo, mancano troppi dati per fare uno scenario realistico: non sappiamo precisamente quanta energia hanno accumulato nel lungo termine le diverse faglie; come questa è distribuita oggi sui diversi segmenti di faglia; come queste interagiscono tra loro (come si propaga lo stress da una all’altra, se e come si spostano i fluidi profondi che possono alterare gli equilibri, ecc.). Difficile quindi fare previsioni a breve termine. Farle seguendo il trend giorno per giorno, come si legge in giro, non ha molto senso. La sequenza nel suo complesso sta comunque diminuendo lentamente, come sempre accade. Considerata la complessità che emerge dalla figura, non deve stupire se ci sono ancora forti aftershocks ogni tanto in qualcuna delle zone indicate.
Mentre proseguono gli studi per caratterizzare sempre meglio il sistema di faglie e capirci di più, aumentando (lentamente) le nostre capacità previsionali, l’ultimo richiamo non può che essere alla consapevolezza e alla sicurezza degli edifici, unico rimedio per difendersi e per stare tranquilli”.


24 Luglio 2017

Categoria : Scienze
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