Inaugurata a Castelli la Tradizione del futuro


Castelli – (com) – Oltre un secolo di storia dell’arte ceramica ripercorsa nei suoi stili, poetiche e contaminazioni attraverso le creazioni di maestri e giovani allievi che hanno reso celebre nel mondo la scuola d’Arte di Castelli, comune del Teramano alle pendici del Gran Sasso. Un centro montano nel quale l’arte ceramica, famosa in tutto il mondo, fonda le sue radici ben quattro secoli fa.
Un efficace invito a prestare attenzione da parte della politica regionale e nazionale e dei decisori internazionali ad un territorio montano colpito dagli eventi sismici sia dell’aprile 2009 sia dell’agosto 2016 e del gennaio scorso, che paga l’isolamento e il rischio di spopolamento a causa dei ritardi della ricostruzione e della mancanza di servizi, trasporti e adeguati investimenti.
E’ un ivito a godere della bellezza, e nello stesso tempo un grido di allarme, quello che è emerge dalla mostra “La tradizione del futuro”, inaugurata domenica 30 luglio per celebrare i 110 anni della scuola d’arte. Resterà aperta fino al 3 settembre dalle 9 alle 19 con ingresso libero, nei locali del Liceo Artistico “F. Grue”.
Le oltre 250 opere di 80 autori, maestri e allievi a loro volta divenuti maestri della scuola d’arte di Castelli, fondata con regio decreto nel 1906, sono state collocate in un percorso che si snoda nei laboratori, ripensati per l’occasione come suggestive sale espositive.
I lavori oggi assumono un’importanza e un significato particolari perché la comunità di Castelli che ha circa 1200 abitanti, in testa i giovani, puntano sulla ceramica, unica risorsa del paese con le 46 fabbriche e botteghe artigiane collegate anche se una quindicina sono inagibili per il sisma, per sconfiggere la paura del terremoto e la crisi che ha portato con sé.
“Questa mostra – ha spiegato l’ideatore Domenico Verdone – mette in evidenza le tante sfaccettature dell’arte ceramica. Ma c’è un filo rosso che rappresenta il passato e il futuro di Castelli: dall’artigianato di bottega tradizionale che qui ha una storia secolare, alla fabbrica attrezzata e moderna, l’arte ceramica ha sempre avuto un rapporto diretto o mediato con la Scuola, una scuola che ha saputo tramandare le conoscenze e innovare tecniche e stili.
Senza la scuola, l’artigianato di Castelli non sarebbe stato la stessa cosa, perché è stata determinante per la trasmissione del sapere ai giovani, che rappresentano il presente e il futuro non solo dell’arte ceramica, ma del nostro territorio, come quello di tutte le aree interne”.

Prima stazione del viaggio attraverso le policromie e le forme frutto del talenti castellani, il Terzo cielo, spettacolare opera figurativa degli artisti e docenti Guerrino Tramonti, Arrigo Visani e Serafino Mattucci: 285 tavelloni di maiolica realizzati nel 1954 e che fu presentato e premiato alla triennale dell’artigianato di Milano. Un omaggio e una reinterpretazione in chiave contemporanea dello splendido soffitto maiolicato della piccola chiesa di San Donato di Castelli, che rappresenta uno dei più significativi apporti della cultura abruzzese del primo seicento e definita dallo scrittore Carlo Levi la Cappella Sistina della Maiolica.
Castelli, ha spiegato il curatore della mostra Carlo Fabrizio Carli, “aveva l’argilla delle sue montagne, l’acqua dei suoi fiumi e sorgenti, la legna dei boschi per alimentare i forni, aveva cioè le materie prime che gli hanno consentito di fare la ceramica. Ma un valore aggiunto di questa storia lunga quattro secoli, la ragione di un miracolo non scontato per il paese così isolato dai grandi flussi commerciali, è stato da sempre anche lo sbocco produttivo commerciale che è stato impresso all’arte ceramica, che qui ha creato una fiorente economia. Allo stesso modo il liceo artistico non si è mai limitato a fare teoria, ma a porre le basi per creare e innovare i prodotti artistici che avessero un interesse a livello commerciale”. “Quella della ceramica – aggiunge Carli – è una tecnica straordinariamente efficace e duttile che si presta alla plasticità di figure tridimensionali, sia all’essere un supporto a livello pittorico”.
Altra chiave di lettura di questa mostra è la trasmissione dei saperi da allievo a maestro: nell’esposizione infatti le opere di docenti e direttori che hanno fatto grande la scuola, sono collocati affianco e in dialogo con quelle dei loro allievi, che hanno appreso tecniche, stili e poetiche per poi sviluppare percorsi artistici originali.
Tra le perle della mostra, anche l’album fotografico di Luigi Bini, storico direttore della Scuola negli anni venti del secolo scorso, quando la scuola aveva sede nel convento adiacente all’attuale struttura, donata dagli eredi.
La celebrazione dei 110 anni della scuola per il sindaco Rinaldo Seca, che guida una giunta composta da giovani sotto i trent’anni, e per la dirigente del Liceo, Eleonora Magno è l’occasione anche per lanciare l’allarme sulla difficile situazione in cui versa il territorio, e di riflesso il comparto strategico della ceramica.
“Attualmente – ha ricordato il sindaco Seca – qui a Castelli abbiamo 15 fabbriche e altrettante botteghe del centro storico inagibili, a causa dei terremoto del 2016, a cui si sono aggiunti gli ingenti danni degli ultimi eventi sismici del 2016 e 2017. Una situazione che penalizza inevitabilmente la scuola, nonostante l’altissimo livello dell’offerta formativa perché ad esempio ci sono problemi per garantire la residenzialità, la viabilità poi è scadente, il trasporto pubblico insufficiente”.
A restare chiusa da oltre un anno, anche la strada che collega Castelli agli altopiani del Gran Sasso e a Campo Imperatore, che ricorda il sindaco, “ha per noi una valenza strategica assoluta, perché intercetta importanti flussi turistici, e il nostro auspicio è che venga messa in sicurezza e riaperta il prima possibile”.
“La situazione non è rosea – aggiunge Magno – la congiuntura è difficile, e non dipende solo dai danni portati dal sisma. C’è una disattenzione che viene più lontano, che ha che fare con lo spopolamento delle aree interne. Subiamo ad esempio da anni il problema della mancanza dei mezzi di trasporto pubblico. I nostri allievi, in particolare quelli che arrivano dalla costa adriatica abruzzese hanno grosse difficoltà a raggiungerci. Basti pesare che l’ultimo autobus che può poi trovare coincidenze, parte da qui intorno alle ore 17, quando noi dobbiamo fare nel pomeriggio molte attività di laboratorio”.


01 Agosto 2017

Categoria : Cultura
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