NEFASTO APRILE 2009 – Ma adesso come siamo messi?


E’ DAVVERO ANTISISMICA A SUFFICIENZA L’AREA RICOSTRUITA O RISTRUTTURATA? -

PRIMA DELLA DISTRUZIUONE – Fino a 10 anni fa, i pochi che ci pensavano ogni tanto credevano, o almeno speravano, che L’Aquila e il suo territorio fossero in una certa misura attrezzati contro i terremoti. C’erano leggi, regole, costi edificatori elevati.
Il 2009 ha dimostrato che non era affatto così. Nel terremoto, forte ma non fortissimo, secondo le scale Richter e altre, ci fu un macello di edifici in cemento armato, recenti e recentissimi. Basta pensare alla facoltà di ingegneria, all’ospedale San Salvatore, al palazzo dell’ANAS e così via. O al palazzo di giustizia e al viadotto Belvedere. Nientemeno persino alla caserma dei vigili del fuoco… che aspettiamo da dieci anni.
Se poi si ricorda che la costruzione dell’ospedale richiese 25 anni e montagne di denaro, è legittimo, anzi doveroso, ogni dubbio. Un progetto del genere quanto era antisismico?
Case secolari sono rimaste in piedi, edifici di qualche decennio si sono sminuzzati. Come si era costruito a L’Aquila?

DECENNALE E RETORICA – Sentiremo e sentiamo da tempo parlare di ricostruzione, con tanto di numeri, somme spese o attese, grandi progetti fermi, ritardi, addirittura crisi edilizia nel ” più grande cantiere d’Europa”. Ci dicono e ci diranno quante case sono state ricostruire, quante migliaia di persone hanno le tegole sulla testa.
Nessuno ci dirà, casa per casa, quanto gli edifici sono davvero antisismici. Come è il terreno sotto le case. IN quali zone non si dovrebbe mai costruire, e invece si è costruito. O ricostruito: in vista faglia, come a Pettino.

IMPREPARATI A TUTTO – Nel 2019, L’Aquila e tutti gli altri comuni dei rateri sono beatamente impreparati a tutto. Il piano di evacuazione e raduno in caso di fuga sono carta, che nessuno ha mai letto. Quanto ci sono. Le aree attrezzate sono piazze e spiazzi, come sempre è stato. Segnaletica di deflusso inesistente. Cultura sismica, almeno sul piano storico, zero. Di terremoto non si parla, è una parola che molti hanno paura a pronunciare. Specie se rivestono cariche politiche.
La famosa realtà con cui bisogna convivere è una fola, è pattume nascosto sotto il tappeto.
Una situazione ben lontana da quelle di altre zone in cui il terremoto è realtà, nemico da guardare in faccia per averne meno paura. Qui non si vede l’ora di lasciar trascorrere tempo (credendo che sia una sorta di garanzia) per potersi vantare, domani, di ciò che ci si attribuirà come merito e vanteria.
Come siamo messi? Ancora una volta, alla meno peggio, alla rinfusa, contando sullo stellone italiano, quello che tiene ancora a galla questo paese sconclusionato.
Per il decennale pensiamo di aver detto o ricordato qualcosa di utile. Anche se sgradevole. Retorica ed emozioni a buon mercato li lasciamo ad altri.
Un pensiero ai 309 morti.


30 Marzo 2019

Categoria : Attualità
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