“Caos calmo”


(di Francesco Di Luca) – Oggi è dolore. Non posso non scrivere di getto il fiume di emozioni che scorre in me. Le parole corrono e sono disconnesse come le nostre strade di oggi. Le lacrime profonde, che si celano dietro gli abbracci fraterni di chi vuole starci accanto, cancellano le mille promesse fatte e non mantenute di voltare pagina.
25000 fiammelle hanno illuminato la notte più buia della città. La notte in cui esserci è significato, ancor prima di ogni manifestazione, amare. L’amore s’è alzato lento lungo le nostre vie ed ha camminato fianco a fianco dei palazzi smembrati, dei monumenti imbavagliati dal ferro e dal legno; l’amore ha tenuto in silenzio le grida di rabbia e dolore. L’amore è corso in diretta sulla rete nelle parole, nelle canzoni, nelle fotografie pubblicate sui social network da chi non era lì ma voleva comunque testimoniare la sua presenza in qualche modo. L’amore c’ha unito come comunità nella notte più lunga dell’Aquila.
Credetemi, è difficile immaginare di comunicare anche attraverso le parole sensazioni così radicate dentro ciascuno di noi e così caparbiamente celate per pudore. Sono certo che leggendo queste poche righe molti ritroveranno solo una piccola parte di quello che si portano dentro. Il dolore della morte, dopo un lungo ed interminabile anno di riflessioni, non ha potuto che trasformarsi in ciò che di più bello l’essere umano può concepire: l’amore. L’amore del singolo e di una comunità intera. L’amore per una città ancora profondamente viva sotto le macerie. L’amore di chi presto vorrebbe riabbracciare i propri affetti volati via come angeli mentre la terra intorno tremava.
Alla luce delle fiaccole abbiamo espiato la nostra rabbia ed il nostro dolore; in questo percorso di mistico silenzio ciascuno a suo modo è rientrato in contatto stanotte con le proprie radici, di tempo e di luoghi. Gli occhi lividi di tutti hanno accompagnato le fotografie dei morti un anno fa ed ogni rintocco ha scandito un pensiero, un ricordo, una preghiera, un’emozione.
Di fronte ad un non-senso così grande in cui ciascuno di noi ha comunque perso qualcosa di vitale, la testimonianza nel ricordo ancora vivo è stato un momento troppo importante nel percorso di rinascita umana e sociale. Quando vittime della barbarie di una calamità naturale, in cui persino le nostre categorie di pensiero sono state scardinate, abbiamo scelto di amare come comunità nel giorno della memoria aquilana lì tutti insieme ponevamo la prima pietra della città nuova, dell’Aquila bellà mè che tanto ci manca e che solo tutti insieme presto potremo tornare ad abitare.
L’amore stanotte s’è manifestato, oltre che nel silenzio di tutti nel lutto cittadino, anche nelle critiche e nei fischi dei movimenti ai potenti. La nostra comunità è stata salvata nell’emergenza dall’amore di un popolo intero di volontari italiani che sono accorsi fin qui. Indubbiamente chi era al comando con tutti gli onori e gli oneri del proprio ruolo ha deciso e lavorato perché la vita organizzata di una comunità civile in diaspora totale nel post-sisma in qualche modo continuasse. Con la stessa chiarezza si può ben affermare che in questo decidere e lavorare molte inadempienze sono state commesse; errare è umano e certo in circostanze così drammatiche non saprei ben dire cosa sia peggio tra il “non-fare” o il “fare pur sbagliando qualcosa”.
Tuttavia una comunità non è nulla senza sogni e speranze in un domani migliore ed urlare il proprio dissenso e le proprie attese quando queste non sono state assecondate è amore per il domani, è amore per la democrazia e per la libertà delle proprie idee.
Stanotte l’agorà aquilana è stata il primo passo per la rinascita di tutti noi. Un dolore deve essere vissuto fino in fondo, con tutte le lacrime e le contraddizioni che in noi si generano. Il caos calmo che ci accompagna deve lentamente spingerci a tornare a credere nelle nostre idee, non permettendo a rabbia e sgomento di prevaricare le sane categorie di pensiero e di azione di ciascuno di noi. Le commemorazioni sono il segno più alto ed amorevole in cui una comunità deve esorcizzare le proprie debolezze e la città intera non s’è fatta cogliere impreparata. Nella notte del 6 Aprile 2010, ad un anno esatto dal maledetto terremoto, l’amore dei cittadini per la loro bella Aquila è divenuto adulto e spetta a tutti noi, da domani, alimentarne le speranze.


07 Aprile 2010

Categoria : Dai Lettori
del.icio.us    Facebook    Google Bookmark    Linkedin    Segnalo    Sphinn    Technorati    Wikio    Twitter    MySpace    Live    Stampa Articolo    Invia Articolo   




Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento

Utente

Articoli Correlati