L’opinione – La voce negata a Scampìa


(di Carlo Di Stanislao) – Si chiama “AgoraVox” e nasce in Francia, per iniziativa dell’italiano Carlo Revelli e del suo socio Joël de Rosnay, nel 2005, iscrivendosi nell’alveo del cosiddetto “giornalismo dal basso” (citizen journalism), sulla scia dei siti precursori come OhMyNews, Indymedia e Newsvine. Dal 2006 comincia ad uscire anche in inglese e dal 1° settembre dello scorso anno, inaugura una edizione italiana, affidata a Francesco Piccinini, napoletano, classe 1981, che insegna Comunicazione Pubblicitaria e Brand Strategy all’Ecole Superieure de Gestion di Parigi e coordina la redazione direttamente da Parigi, dove vive. L’edizione francese, dopo quella on-line de “Le Figarò”, è la più consultata in rete e, nel complesso, le tre edizioni sfiorano i 7 milioni di utenti. Quella francese conta 38.000 reporter e quella italiana valori di tutto rispetto ad otto mesi dalla sua costituzione, circa 400.000 utenti. L’11 maggio scorso il direttore italiano ha espresso la sua rabbia su “la Repubblica”, tornando a spiegarla e ribadirla su Radio Tre, nella trasmissione “Fahrenheit”, tre giorni fa. Questo perché, nonostante volesse impiegare 360.000 euro che il comune di Napoli doveva restituire all’Europa a causa del non utilizzo degli stessi e avendo proposto di usarli per una “piattaforma telematica” a Scampia, si è visto impedito da lungaggini burocratiche di ogni genere. In realtà, si legge in una nota on-line su www.repubblica.it, il progetto di riqualificazione e sviluppo che prevedeva il trasferimento della redazione di AgoraVox da Parigi a Scampia, era stato presentato un anno fa, con piano di realizzazione, entro cinque anni, per aprire una web tv, una web radio e, con la collaborazione delle università, un laboratorio di sviluppo di tecnologie per il web. Posti di lavoro e riqualificazione di un luogo funestato dalla n’drangheta, dalla comorra e dalla disoccupazione; un sogno realizzabile con fondi già erogati, un patto forte con un territorio drammaticamente funestato, per creare la più grande realtà europea di citizen journalism, infrantosi contro l’indifferenza degli amministratori locali. Da Giulio Cavalli a Salvatore Borsellino, uomini che scrivono per AgoraVox, sono tutti dalla parte di Francesco Piccinini, per portare avanti una battagli che recuperi un pezzo d’Italia alla cultura della legalità. Fra l’altro, con la somma che ora il comune deve restituire, si sarebbe potuto. mettere in piedi una prima parte di collaborazioni con il MIT di Boston, con cui Piccinini era già in contatto. E’ davvero paradigmatico, a mio avviso, della attuale situazione del nostro Paese, che da un lato grida e si agita per dichiararsi democratico ed avanzato, dall’altro non perde occasione per lasciarsi sfuggire possibilità di sviluppo, crescita e libera espressione. Sarebbe stato meraviglioso sapere che proprio da Scampia venissero iniziative capaci di portare libertà, economia ed idee, ma, evidentemente, non siamo davvero ancora pronti o forse lo siamo, ma con chi ci guida che ancora ci frena, invece di spronarci. Ma, forse, la spiegazione è tutta nei contenuti delle inchieste che AgoraVox italia porta avanti, come quella (che è stata amplificata anche da L’Espresso e dal blog “il Nichilista” (http://ilnichilista.wordpress.com/2010/05/11/valutiamo-i-primi-due-anni-del-governo/) su ciò che il governo ha dichiarato e fatto realmente, dopo dell’opuscolo “Il governo del fare”, sorta di sorta di vademecum che dovrebbe permettere ai cittadini italiani di apprezzare che “le attività concretamente avviate in questi due anni discendono direttamente dal programma elettorale”. Dall’inchiesta invece sono sospese alcune domande, del tipo: e’ proprio vero che o l’emergenza rifiuti in Campania è stata “risolte che l’approvazione del disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche sia avvenuta a tutela del diritto alla riservatezza e alla privacy e per ridimensionare gli oneri di spesa? Domande che è meglio non fare, anche se soltanto in rete.


24 Maggio 2010

Categoria : Dai Lettori
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