L’opinione – Carceri italiane, ancora medioevo


L’Aquila – (di Giulio Petrilli, PD) – Un ferragosto pieno di visite nelle carceri, sono state visitate il 95% delle carceri italiane, in Abruzzo il 100%, alcune anche per più giorni. Un grazie spassionato e sincero ai radicali, che sono riusciti, con tenacia e determinazione ad accendere ancora una volta i riflettori su quel mondo dimenticato, su l’altro mondo, su quel luogo del dolore e della sofferenza che è il carcere e un grazie ai tanti parlamentari e consiglieri regionali che hanno aderito all’iniziativa.
Da Poggioreale, al Ucciardone, da Regina Coeli a San Vittore testimonianze di disumanità, di persone stipate in celle anguste, di inferno vero.
Espiare la pena non vuol dire morire e invece purtroppo nelle carceri italiane si va vicino a questo.
Il carcere così, vissuto così, è una lenta e sottile agonia, sì proprio un’agonia della mente e del fisico.
Entrare oggi dentro il circuito carcerario significa nei fatti diventare un malato di tumore, con la stessa percentuale di salvarti o diventare un malato terminale.
I suicidi e le morti naturali non si contano più, così come i malati psichici: in due carceri abruzzesi che ebbi modo di visitare poco tempo fa: Teramo e Sulmona ci sono almeno 300 detenuti con problemi psichici, il 40% dei detenuti ospitati nelle due strutture.
Non casi isolati, ma purtroppo consuetudine e conseguenze della durezza estrema della vita nelle nostre carceri.
E’ inutile girarci intorno, il sistema carcerario italiano si avvicina molto a quello medioevale, una vergogna per una nazione, siamo rimasti su questo anni e anni indietro e anche secoli.
Queste mie affermazioni non sono purtroppo estremizzazioni verbali ma hanno un riscontro preciso, basti pensare che vi sono diverse carceri, dove i detenuti sono costretti a dormire per terra e vivere 24 su 24 in due metri quadri, o in letti castello da quattro, con celle alte quattro metri.
Carceri dove non consegnano più né carta igienica, né saponette, né dentifricio, nulla.
Prima nelle carceri alcuni lavoravano e quindi si poteva guadagnare qualcosa ora i lavori si sono ridotti drasticamente e con le medicine che devi acquistare spesso non puoi comprarle.
Speriamo che queste visite di ferragosto portino ad affrontare, alla ripresa dei lavori parlamentari, la drammaticità della vita nelle carceri e anche le regioni finanzino subito dei corsi di formazione professionale e garantiscano tramite le Asl il diritto a curarsi anche ai detenuti.
(Nella foto Giulio Petrilli)


16 Agosto 2010

Categoria : Dai Lettori
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