Superare l’incomprensione


(di Carlo Di Stanislao) – L’opportunità di far uscire Pasolini dalla dimensione quasi esclusivamente letteraria, per dargli una dimensione propriamente politica, è resa necessaria e urgente dal vuoto culturale, prima ancora che politico, di quanto resta nella società italiana. Si potrebbe pensare che l’Italia odierna, quella della cosiddetta Seconda repubblica (cioè la Repubblica berlusconiana), sia diventata quel Paese degradato ed omologato del quale egli parlava a metà degli anni Settanta. Profetico ed acutissimo, sempre originale ed attento, Pasolini ha descritto questo nostro tempo con un anticipo di quaranta anni, costituendo la scomoda coscienza critica del nostro Paese. C’è chi lo ha amato e chi lo ha avversato senza riserve. La destra lo detestava per le sue idee e soprattutto per la sua dichiarata omosessualità. La sinistra, che pur lo annoverava tra le sue file, non accettava molte delle sue analisi anticipatrici e ancor meno la sua irriducibile autonomia di pensiero. Ora due intellettuali, uno di destra e l’altro di sinistra, ne tracciano un profilo nel libro “Una lunga incomprensione. Pasolini fra Destra e Sinistra”, uscito il 10 novembre da Valecchi di Firenze e presentato ieri a Roma, con Veltroni e Alemanno che, fra l’altro, hanno auspicato la riapertura del processo per fare vera luce sulla morte dell’intellettuale. Il 4 novembre si è appreso che presto uscirà anche un libro dettato da Pelosi, unico condannato per la morte di Pasolini, al suo legale Alessandro Olivieri durante l’estate: un manoscritto di 100 pagine che interessa una nota e non ancora dichiarata casa editrice. Sembra che Pelosi nel suo memoriale avvalori la cosiddetta pista delle bobine rubate alla Technicolor; ma le versioni fornite da “Pino la rana” da quella notte tra il 1°e il 2 novembre 1975 in cui venne fermato sul lungomare di Ostia dal brigadiere Cuzzupè, sono tante e tutte molto diverse e sovente contraddittorie. Molto più interessante quanto compiono Adalberto Baldoni e Gianni Borgna, che nel loro recente saggio in cui ripercorrono le polemiche, gli scandali ma anche il dibattito duro che Pasolini ha creato con le sue opere. E con la sua vita sempre esposta alle contestazioni. La figura di Pasolini, ricorda Giacomo Marramao nell’introduzione, “così intimamente intrecciata con la tragicita’ della sua vicenda biografica, appare oggi come ieri in grado come poche altre di intercettare i dilemmi insoluti del nostro tempo, parlando a mondi culturali diversissimi proprio perche’ visceralmente nel sottosuolo della nostra cultura nazionale”. Al centro del libro campeggiano i rapporti che Pasolini intrattenne con i diversi partiti italiani ma anche con i giovani che si confrontarono con le sue idee. Per concludere che Pasolini fu un intellettuale incompreso e controcorrente, scomodo e criticato da destra e sinistra, oltre che dal mondo cattolico. ‘Una lunga incomprensione. Pasolini tra destra e sinistra’, è un saggio encomiabile, che ricostruisce per la prima volta le origini della radicale incomprensione che ha circondato da più parti Pasolini durante tutta la sua breve ed intensissima vita. All’inizio di novembre è uscito anche, di Giorgio Galli, un libro per il 35° anniversario della morte di Pasolini, con un titolo, anche in questo caso, significativo: “Pasolini comunista dissidente. Attualità di un pensiero politico”, in cui si afferma che il pensiero politico pasoliniano, non solo è utile anche per comprendere meglio il presente, ma da utilizzare come quadro concettuale in base al quale ipotizzare possibili scenari futuri. Alberto Asor Rosa, storico e cattedratico della letteratura italiana, di formazione marxista, aveva pubblicato nel 1965, sulla rivista Scrittori e popolo, un saggio su un tema caro proprio a Pasolini, che considerava Antonio Gramsci, e quindi la sinistra italiana, più vicino al populismo che al marxismo e, pertanto, incapace di rappresentare quel rinnovamento e quella crescita che garantissero equità sociale e libertà culturale ed individuale. Fu tacciato di qualunquismo Pasolini e si disse, da parte degli intellettuali schierati, che egli si limitava soltanto a scoprire cose risapute e caricarle di enfasi. Ma non è così. Nonostante il voluto, ricercato lo schematismo concettuale, “Scritti corsari” resta uno dei rari esempi in Italia di critica intellettuale radicale della società sviluppata, in cui l’A., se non può sostituire da solo una sociologia spregiudicata, riesce almeno in parte a salvare l’onore della nostra cultura letteraria. È questa saggistica politica d’emergenza la vera invenzione letteraria degli ultimi anni di Pasolini, che fu molto più di un fenomeno letterario ed invece l’inventore e l’artefice di un pensiero politico organico in evoluzione, che è stato grave errore della cultura di sinistra l’aver considerato con superficialità. L’ossessività monotematica e il carattere testamentario di “Lettere luterane”, ha fatto dimenticare che il libro è solo il punto culminante di una lunga serie di attacchi alla modernizzazione che nella nostra letteratura si sono moltiplicati soprattutto dopo il 1955. In un Paese più civile e libero, un libro come “Lettere luterane non sarebbe stato scritto”, per mancanza di necessità di parlarvi con la persuasione e l’autorità morale di chi ha la certezza di avere intorno un ceto intellettuale e politico non solo vergognosamente inadeguato ai suoi compiti, ma perfino al di sotto di un livello decente di autocoscienza. Per quelli della mia generazioni, Pasolini è stato un esempio di uomo schierato solo dalla partec della verità e della difesa di una identità sempre più massificata e cancellata. Pasolini, ieri ed ancora oggi, con i libri, gli interventi giornalistici, i film, i documentari, ci costringe a profondi scavi archeologici dentro la nostra legge morale per approdare, come obiettivo, verso un clima solidale, di fiducia e di amicizia, che l’unico possibile se si vuole tenee in piedi una vera società di uomini e non di automi.


17 Novembre 2010

Categoria : Cultura
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