Procura: arrivano altre carte, foto, prove, ma si lavora in uffici angusti che scoppiano


danni-tribunaleL’Aquila – La Procura va avanti, ma a fatica: poche stanzette ricolme di persone e carte, nelle quali lavorare è difficile, spesso impossibile. I nuovi uffici sono stretti, insufficienti. Alfano ha inaugurato, ma forse non ha portato il metro per le misure. Produrre risultati in simili condizioni diventa ancora più arduo di quanto imponga un’inchiesta complessa, onerosa, onusta di montagne di scartoffie e fascicoli. Viene il sospetto che non si voglia che la Procura arrivi a risultati che, sicuramente, saranno dolorosi per persone importanti. Un bastone tra le ruote di Rossini, Picuti e dei loro collaboratori: nessuno di loro lo dice, ma immaginarlo per i cronisti non è infondato. Oggi sui tavoli dei magistrati sono arrivate altre testimonianze, dichiarazioni di persone che sanno e dicono, fotografie, documenti. Per esempio, foto di pannelli solari che sovrastavano la casa dello studente. Qualcuno fa notare che pesavano anche 400 chili ciascuno. Il gran gravame sulla sommità di un edificio precario e rischioso ha peggiorato la situazione? E chi doveva accorgersene, e non se n’è accorto o ha fatto finta di nulla? InAbruzzotv ha registrato numerose interviste, alle quali vi rimandiamo. Parole dure, persone che muovono addebiti e accuse. Una soprattutto: dov’è il dossier di Abruzzo Engineering che elencava edifici di cartone, fortemente a rischio, tra i quali la casa dello studente, per la quale erano indicati come necessari lavori per 1,5 milioni di euro? Il dossier, sperando che la Procura ne abbia una copia almeno, comparve e scomparve dai siti regionali, fu oscurato, poi tornò on line ma – attualmente – è leggibile solo come elenco di edifici a rischio e importi dei lavori necessari, senza dati tecnici, senza dettagli. Qualcuno lo ha modificato, attenuato, reso più morbido? Una serie di lati oscuri che diventano più oscuri e indecifrabili senza sospetti e dubbi. Perchè l’inchiesta cammina, e camminando porta con sè conseguenze. Non trascurando neppure il tentativo, minimizzato, di frugare nella cassaforte del magistrato inquirente. Tuttavia chi accusa, sostenuto dai legali, sa ciò che dice. Antonietta Centofanti (da noi intervistata) dice che il presidente dell’ADSU D’Innocenzo doveva comunque dimettersi, così come dovrebbero fare altri ai vertici dell’ADSU. Nessuno riesce a credere che esposti, lamentele, rivelazioni di studenti sulla fragilità dell’edificio costato otto vite umane, potessero restare o inascoltati, o sconosciuti a “chi di dovere”. L’ADSU non è cosa da poco, come ha scritto Ugo Centi: c’era un bel giro di soldi, 8 milioni di euro secondo Controaliseo. Facile supporre che, dove sono soldi, ci siano anche interessi, ambizioni di potere, poltrone importanti da scaldare. In questo marasma nuotano magistrati senza luoghi per lavorare, quasi senza la sedia sotto il sedere, senza spazi adeguati per la giustizia. Non c’entra nulla, forse, ma al cronista viene in mente che per decenni non sono stati dati dal potere politico personale, mezzi, strumenti alla giustizia. Per non farla funzionare, è chiaro. Come la benzina che manca alle auto della polizia. Aspetti inquietanti di un’Italia di misteri, ombre, carenze, ritardi, immense paludi di corruzione, e improvvisi èmpiti di generosità e bontà quando la tragegia bussa alla porta, con morti e croci, per scoprire – sempre dopo – che morti e croci potevano essere assai di meno. (G.Col) (nella foto: il vecchio “palazzaccio”, grande ma fragile)


01 Giugno 2009

Categoria : Cronaca
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