Berlinare 61


(di Carlo Stanislao) – Compie 61 anni il Berlinare, il festival internazionale del cinema di Berlino e festeggia nel modo migliore: subito un omaggio a John Wyne, con apertura, oggi, affidata all’attesissimo “True Grit”, che i fratelli Joel e Ethan Coen dedicano al mito del cinema western, rifacimento, riveduto e corretto, de “Il Grinta”, di Hanry Hataway, unico Oscar per una straordinaria carriera. Sotto la guida dei Coen un bel cast con Jeff Bridges, Hailee Steinfeld, Matt Damon, Josh Brolin e già si parla di capolavoro. Ma molte altre sono le attrattive di questa edizione, che non si ferma ai “tappeti rossi”, che rende omaggio a un artista della recitazione com’è Armin Mueller-Stahl e dove la sezione per i ragazzi è seguita come la competizione ufficiale, da un pubblico che cerca cinema e non vuoti blockbuster. Una sezione dove si celebra la poesia dell’animazione con “Le cont de la nuit di Michel Ocelot” in 3D, il geniale e doloroso viaggio nell’Abania di oggi contenuto in “Cave of Forgotten Dreams” di Werner Herzog di o “Forgivness of Blood”, che racchiude il peso di una tradizione europea mediterranea, di Joshua Marston. E colpisce il grane spazio dedicato al femminile (con tre donne, fra cui la presidente) in giuria, dove compaiono i nomi di Victoria Mahonney con il suo “Yelling to the Sky”, su una diciassettenne che deve pensare a vivere prima che al futuro; di Miranda July con “The Future”, film sulla vita di coppiadi Paula Markovitch; con l’autobiografico “The Prize”. E c’è ancora spazio per il ritorno di Bela Tarr con “The Turin Horse”, che ci riporta nella Torino visitata da Friedrich Nietzsche e per il “Coriolanus” di Ralph Fiennes, un tentativo audace di trasportare il dramma romano shakespeariano dal 1607 ai nostri giorni. Non meno stimolanti i titoli fuori concorso: Wim Wenders con “Pina” dedicato a Pina Bausch, sublime donna del ballo e Jafar Panahi, in carcere in Iran, qui con il suo “Offside”, del 2005. Un festival, pieno di sorprese grandi e piccoli, di rivoli ed angoli segreti e bellissimi, che si chiuderà il 20 febbraio e premierà con gli “Orsi” la sera precedente. Altre al concorso e a quelle già indicate, molte altre e tutte ghiotte le sezioni: Panorama, dedicato alla produzione indipendente, ma anche Generation, dedicato ai film su e per i più giovani e la vetrina del cinema tedesco, Perspektive Deutsches Kino. E per chi nel cinema ha trovato un lavoro e una vocazione c’è anche il Berlinale Talent Campus, che ha invitato come ogni anno circa 350 giovani talenti della settima arte per farli incontrare con professionisti e personalità del settore nell’arco di una settimana, un investimento per il futuro che gli organizzatori considerano fondamentale. Non mancano sezioni gustose come quella dedicata al cinema che parla di cucina (con tanto di ristorante dedicato nei pressi del palazzo dove si svolgono le contratrattazioni del mercato) e naturalmente le retrospettive (quest’anno tocca a Ingmar Bergman). Nella fredda aria berlinese ci sarà anche qualche italiano, anche se fuori dal concorso principale: Qualunquemente, di Giulio Manfredonia e interpretato da Antonio Albanese guadagna la sezione Panorama e c’è da scommettere che la concomitanza con l’incandescente situazione politica del nostro paese lo renderà particolarmente interessante per il pubblico. Almeno quanto la presentazione di Gianni e le donne di Gianni di Gregorio, l’autore del piccolo fenomeno Pranzo di Ferragosto, che promette scalpore raccontando, in chiave semiautobiografica, il rapporto tra un sessantenne e il gentil sesso. Ed italiana, almeno come padre, è la presidentessa Isabella Rossellini, che in conferenza stampa è bellissima e mesta, di fronte alla sedia vuota di Jafar Panahi, condannato a scontare una durissima condanna che gli impedisce di lasciare l’Iran e di produrre le sue opere per i prossimi vent’anni. Dice con voce ferma e dolcissima: “Noi confidiamo ancora che Jafar riesca a venire. Non vogliamo perdere la speranza. Lo ricordiamo sempre e vogliamo ricordare l’importanza della libertà di parola, di pensiero e la libertà di realizzare opere. Jafar è una presenza fondamentale in questa giuria e in questo festival, è una persona stupenda ed è un ambasciatore della cultura del suo paese. In più è un uomo di enorme dignità. Tutti noi lo vorremmo qui.” Con gli altri giurati, dovrà scegliere chi premiare dei 16 film in concorso, tredici dei quali in anteprima mondiale e non sarà un compito facile. Ma, si sa, quando i compiti sono difficili è meglio affidarsi alle donne che, quest’anno, sono numerose in giuria. Oltre alla Rossellini la tedesca Nina Hoss e l’austriaca Jan Chapman. Ad aiutarle i maschietti, un po’ intimoriti, Aamir Khan e Guy Maddin.


10 Febbraio 2011

Categoria : Cultura
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