Ricostruzione – Professionisti, quale etica?


(di Giampaolo Ceci) – Questa domenica avrei potuto esporre le mie valutazioni sul contratto tipo divulgato dalla Struttura tecnica di Missione ed entrare nel merito dei singoli articoli del documento. Mi hanno sconsigliato di farlo. Condivido. Perché mai dovrei rivelare i tranelli, e le clausole che potrebbero tutelare meglio i Presidenti dei consorzi o i costruttori? Meglio che me ne stia fuori e lasci ai consulenti di fiducia dei consorziati questa delicata funzione e la responsabilità delle loro decisioni.
Ciò che sta avvenendo in città ormai si sta delineando con chiarezza. È evidente ad un osservatore attento quale sia il quadro strategico e le vere motivazioni dell’agire del legislatore locale.
Mi pare chiaro che ormai tutti hanno un solo scopo. Ottenere dallo Stato ogni possibile risorsa finanziaria per ricostruire le case danneggiate e ricostruire quanto distrutto dal sisma. Gli altri problemi sociali o di prospettiva interesano a pochi. L’importante è fare cassa subito. Ricostruire le case rappresentano una buon a occasione per farlo, anche se poi restassero vuote. Tanto basta.
Questa concezione pone in una diversa prospettiva anche il compito dei progettisti.
Di solito viene posto un budget invalicabile per i costi dei ripristini. Questo crea aggiustamenti verso il basso della progettazione. Lo sanno bene le signore che, di fronte all’evidenza dei preventivi, devono rinunciare alla lavanderia e al bagno personale per ciascuno dei loro figli se non anche alla cantinetta col camino per le cenette con gli amici.
Spendere al meglio però è una problematica è radicata nella mentalità del progettista serio.
Qui si invertono i termini. Non solo non esiste più il limite di spesa, ma subentra addirittura un altro problema: Come aumentare i costi? Ricordo che le parcelle del professionista sono tarate sull’importo dei lavori.
C’è una soluzione tecnica efficace ma poco costosa? Allora scartiamola subito per carità! Potremmo ricostruire casa con opere poco invasive quindi in poco tempo? Ma che siamo scemi? Bisogna distruggere tutto per fare gli isolatori. E le fibre di carbonio? Non vogliamo mica fare ameno delle fibre di carbonio, il nostro vicino ne ha messi 200 metri quadri! E noi nulla!?
Il progettista spesso perde il senso etico della sua professionalità e si fa prendere la mano. Tutto è lecito purché non si superi il limite imposto per l’abbattimento, che come noto non conviene quasi mai.
Ora con la possibilità di mettere a norma anche gli impianti per migliorare il recupero energetico anche gli impiantisti avranno la loro parte di contributi pubblici. Intendiamoci la misura è utile e logica, dovendo ristrutturare le case sarebbe sciocco non mettere le mani anche agli impianti, ma almeno una piccola quota sarebbe stato utile caricarla sui proprietari, se non altro per contenere gli abusi.
Il progettista si trova quindi di fronte ad un dilemma: risolvere i progetti a favore del committente pubblico che lo paga (ovvero o Stato) e quindi ridurre al necessario gli interveti di ripristino e consolidamento o gabbarlo facendo i suoi interessi? E quindi aumentare a dismisura la spesa e scartando ogni soluzione valida ma poco costosa?
Propri a me è successo un fatto emblematico che vi voglio raccontare.
Un edificio molto asimmetrico durante il sisma ha ruotato sconquassando tutte le murature del piano terra. Ho pensato: non ha senso ricostruire tutte le murature come erano. Al prossimo sisma si romperà di nuovo tutto.
Ho trovato una soluzione per evitare le rotazioni: delle semplici “tamponature” realizzare nei post giusti.
Questo ha consentito di evitare di dover fissare tutti i tramezzi ai pilastri e ai solai perché le deformazioni erano divenute di modesta entità e l’edificio con gli irrigidimenti appositamente studiati, sotto l’azione del sisma non avrebbe più ruotato ma avrebbe ondeggiato in una sola direzione.
Anche se lo studio ha richiesto molte ore di simulazione al computer, e quindi è stato concettualmente impegnativo; il risultato è stato che con una spesa modesta si è riparato e si è reso più sicuro l’edifico anche in previsione di future scosse sismiche.
In sede di determinazione della parcella mi si dice che la prestazione professionale si misura solo in rapporto “all’importo dei lavori” e non al “valore dell’edifico”. Quindi a piccola spesa per i consolidamenti corrisponde un basso compenso. Sì, ribatto io, “ma per spendere poco e bene ho impegnato più risorse che fare una “pecionata” inutile e pericolosa per il prossimo sisma”. “Mi spiace ma la parcella dipende solo dall’importo dei lavori di ripristino”.
Mi sa che la prossima volta faccio un progetto che prevede di demolire tutto e riempire ogni cosa di iniezioni e fibre di carbonio. Se ci sarà un altro sisma l’edifico non crollerà, ma certo che in quel caso specifico con gli attuali vicoli commissariali, tutti i tramezzi si romperanno nuovamente. Peggio per chi ci abiterà.
A queste pericolose pattuizioni etiche con la propria coscienza sono giunti i progettisti all’Aquila nel febbraio 2011.


27 Febbraio 2011

Categoria : Cronaca
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