Province aggregate, perchè no L’Aquila-Teramo?


L’Aquila – (di G.Col.)CHIETI E PESCARA - Perchè non pensare ad un’aggregazione delle province dell’Aquila e Teramo, visto che si pensa a Chieti e Pescara? L’Italia cambia (finalmente, dicono in molti, ma del decreto com’è attualmente non bisogna fidarsi: chi sa quanti cambiamenti in Parlamento…), e cambia fortemente la sua geografia politica. Molte province spariranno, moltissimi comuni saranno accorpati, 106 solo in Abruzzo: dovevano esserlo da almeno 30 anni, visto che centri di 100 o 200, ma anche 400, abitanti non possono essere comuni. Denaro sprecato. Solo distribuzione del potere.
Chieti e Pescara, precorrendo i tempi, stanno mettendo a punto una procedura che potrebbe portare, entro qualche anno se tutto va bene, all’aggregazione in un’unica grande provincia di oltre 700.000 abitanti, servizi più efficienti e meno costosi, risparmi su fitti, sedi, bollette, incarichi politici. Si spera anche una maggiore efficienza perchè, in definitiva, a guadagnare sulle innovazioni debbono essere i cittadini e non lo Stato o le istituzioni. Realisticamente, c’è da temere che l’unificazione (che comunque dovrà avere l’ok dell’elettorato) non sarà tanto facile, visto che forzatamente i due territori dovranno rinunciare a parte delle loro identità.
Non impossibile per Pescara, più grande e con ben differenti interessi. Difficile per Chieti, la cui identità è basata su storia e passato illustri. Uno tra i tanti problemi: quale sarà il capoluogo? La sede della nuova provincia Ch-Pe dovrà essere una ben localizzata, altrimenti che risparmio sarà? E quale sarà questa sede? Pescara può vivere d’altro, per Chieti vale lo stesso ragionamento? Come si vede, Testa e Di Giuseppantonio lanciano il sasso, è una buona idea, ma le castagne dal fuoco dovrà tirarle fuori una politica tutta da disegnare e al di là da venire.
L’AQUILA E TERAMO - Il ragionamento porta inevitabilmente ad una domanda: perchè non pensare ad un’aggregazione tra L’Aquila e Teramo, e forse un domani ad una nuova regione composta da L’Aquila, Teramo, Rieti e Ascoli Piceno? Le ultime due città dovrebbero infatti perdere la provincia. L’idea della Regione sabino-picena ha molti anni. La lanciò, con la sua abituale intelligenza politica un po’ dirompente, Luciano Fabiani, personaggio aquilano di rilievo. Cadde nel nulla perchè scombinava equilibri e poteri allora consolidati, sia in Abruzzo, che nel Lazio e nelle Marche. Oggi che le aggregazioni (Fabiani evidentemente vedeva davvero lontano nel futuro) arrivano davvero, per ordine del potere politico, occorre essere realisti e ricordare l’antico, saggio motto “l’unione fa la forza”. L’Aquila e Teramo potrebbero rappresentare un territorio vasto, con oltre 600.000 abitanti (metà Abruzzo), mare, montagna, turismo, gastronomia, monumenti, cultura, monasteri, archeologia e storia di secoli. Due università, due ospedali maggiori, viabilità sufficiente benchè da adeguare, siti e istituzioni scientifiche. Una vera terra fortunata. Farne un’area omogenea e fortemente vocata allo sviluppo sociale, turistico, industriale, economico sarebbe pensabile, magari quando vivremo con meno patemi d’animo. Un giorno che dovrà pur arrivare, e che sarà meglio vivibile e gestibile se la politica costerà di meno, e se in generale avremo saputo tagliare spese e sperperi che oggi ingrassano solo il potere politico e coloro che, tantissimi, prendono la politica per una professione di cui vivere fino alla pensione. Lauta, s’intende, ma solo se bazzichi la politica…


15 Agosto 2011

Categoria : Politica
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