Perdonanza partita: Molinari, Chiodi, Marchetti, Cialente


PREGHIERA A S. PIETRO CELESTINO

L’Aquila – LA PORTA SANTA RESTAURATA E’ PRONTA ALL’APERTURA – Con l’accensione del tripode, stasera, è aperta la Perdonanza. Ecco gli interventi che ci sono giunti e riportiamo.
Questa è la preghiera del voscovo Mons. Molinari al papa del perdono.
“1. Carissimo S. Celestino,
mentre scrivo questa preghiera, mi viene in mente un pensierino un po’ malizioso: ma voi santi le ascoltate le nostre preghiere?
Però mi rispondo subito da solo: certamente le ascoltate! Altrimenti che santi siete?!

2. Ma tu, soprattutto, o S. Celestino, come fai a dimenticarti di noi, della tua città dell’Aquila, che hai tanto amata, e nella quale, proprio nella Basilica di S. Maria di Collemaggio, hai voluto celebrare, di fronte alla Chiesa e al mondo intero, l’inizio del tuo Supremo Pontificato?
Per questo, ne siamo certissimi, non ci dimenticherai mai. Soprattutto non ci dimentichi dopo quella terribile notte di due anni fa, quando una tragedia grande si è abbattuta sulla nostra città, ha distrutto il volto più bello della nostra città e ci ha rapiti tanti fratelli e sorelle, di ogni età!

3. Però se è vero ( e lo crediamo) che non ti sei dimenticato di noi, mostraci un segno del tuo amore e del tuo ricordo.
Perdona questa filiale sfrontatezza, ma anche i figli migliori, in certi momenti difficili, hanno bisogno di sperimentare la vicinanza di un Padre, un Profeta, un Fratello, un Amico, un Santo come te.
Ne abbiamo bisogno perché tra noi, da un pezzo, comincia a “serpeggiare” la delusione e la mancanza di speranza.
Noi non sappiamo spiegartene la causa. Ma tu, che sei Santo e guardi le cose con gli occhi di Dio, certamente sai il motivo di questa nostra amarezza e delusione.
E ne sai anche il rimedio efficace.
Perciò aiutaci, carissimo S. Celestino.

4. Un motivo che sembra evidente agli occhi di tutti, un motivo della nostra sfiducia, appare proprio il fatto che la ricostruzione, che tutti desideriamo ardentemente, fa fatica a partire.
S. Celestino aiutaci a capire perché succede questo.
Io conosco tanti uomini e donne di buona volontà, qui, nella nostra città, che nei ruoli più diversi, si battono per una ricostruzione rapida e giusta della nostra città.
Ma spesso mi appaiono anch’essi sperduti e impotenti!
Carissimo S. Celestino, qual è il male oscuro che blocca la ricostruzione e ci impedisce di veder risorgere presto la nostra città, in tutta la sua indimenticabile bellezza?

5. Ecco, già, il “male oscuro”. E questo ci porta subito al cuore della tua Perdonanza.
E ripenso a otto secoli fa, quando tu sei venuto, come novello Pontefice, nella nostra città.
E nella tua chiaroveggenza di uomo di Dio, profeta e santo, hai capito che nell’allora giovane città dell’Aquila, bisognava innanzitutto aiutare gli Aquilani a riscoprire il primato di Dio nella loro vita, la bellezza della fede, la gioia della vera fraternità e dell’autentica comunione tra i fratelli.
Certamente ti hanno raccontato, allora, di fratelli che avevano ucciso i fratelli, di sangue versato.

6. E tu, nella tua saggezza e nell’intimo del tuo cuore santo, hai domandato al Signore cos’era meglio per questa nostra città, quale era il dono più grande che potevi lasciare all’amatissima città dell’Aquila.
E hai capito che il dono più grande era quello il di aiutare uomini e donne a ritrovare Dio e a riconciliarsi con i fratelli.
Per questo ci hai donato la tua “Perdonanza”.
Con la tua autorità di Successore di Pietro e di Vicario di Cristo, hai capito che il bisogno più grande di ogni aquilano era riscoprire l’immenso amore di Dio e la gioia di riconciliarsi con i fratelli. Io non dubito che, allora, lo Spirito Santo (che tu hai tanto amato), ti ispirò la cosa più giusta.

7. Ma, caro S. Celestino, scusa la domanda un po’ provocatoria: pensi che quel “rimedio” salutare, che ti fu ispirato dall’Alto, può funzionare anche oggi?
Cerca di capire il mio disagio di Vescovo, ma anche il disagio di coloro che si riconoscono cristiani e desiderano essere veri discepoli di Gesù di Nazareth.
Se noi ci presentiamo oggi a chi è preposto alla ricostruzione, alle forze politiche, ai partiti, ai sindacati, ai vari gruppi spontanei sorti per la ricostruzione e mostriamo il tuo rimedio di otto secoli fa, non credi che si metteranno tutti a riderci in faccia?

8. Tu, però, carissimo S. Celestino, ci ricordi che il problema non è se qualcuno ci ride in faccia.
Il problema è se bastano la politica, le leggi, i decreti, le ordinanze, gli architetti, gli ingegneri, i tecnici, i costruttori, i soldi per realizzare la ricostruzione oppure occorre altro.
Il problema è se può esistere una ricostruzione giusta, umana e rispettosa della nostra storia senza mettere al centro di tutto l’etica, la coscienza, il bene comune, un cuore nuovo, liberato dalle incrostazioni dell’egoismo e del peccato. Si, del peccato.
Caro S. Celestino, ecco una parola che non osiamo più pronunciare. Ma, se siamo onesti, dobbiamo riconoscere che la tua Perdonanza è stata e rimane la buona notizia che siamo liberati dal peccato e siamo pronti a costruire una storia nuova, fondata non sull’avere, ma sull’essere, non sulla menzogna, ma sulla verità, non sulle promesse non mantenute, ma sull’umile e generoso contributo personale che ognuno di noi può dare per il bene di tutti.

9. Carissimo S. Celestino, liberaci dal “male oscuro” che ci incatena ancora a un modo vecchio di pensare e di agire.
Il modo vecchio di pensare e di agire è cercare solo i nostri interessi egoistici, infischiarcene degli altri, ignorare i diritti e i drammi degli altri e pensare: “che mi importa. Basta che sto bene io!”.
Un modo vecchio di pensare è quello di chi non ha la pazienza e la tenacia di conoscere veramente i problemi e cercare le soluzioni più idonee. E’ più facile (e più comodo) ricorrere ai luoghi comuni, alle spiegazioni sommarie e superficiali.
E’ più facile gettare tutta la colpa sugli altri e chiudere gli occhi sulle nostre responsabilità.
Un modo vecchio di pensare è calpestare ogni legalità e favorire l’affermarsi dei più forti, cioè dei prepotenti e degli arroganti.
Un modo vecchio di pensare è rifiutare di mettersi con umiltà a collaborare con gli altri, riconoscendo il bene ovunque esso si trovi.

10. Carissimo S. Celestino, noi vogliamo, nello spirito della Perdonanza, realizzare in noi un modo nuovo di pensare e di agire, che nasce dal cuore nuovo che il Perdono di Dio crea in noi. E tu ci insegni, carissimo S. Celestino, che il cuore nuovo è il cuore che si apre a Dio e ai fratelli.
E’ il cuore che ha pensieri di pace e non di odio.
E’ il cuore che vede in ogni uomo e in ogni donna che incontra non un nemico, ma un fratello e una sorella con i quali possiamo condividere la strada da percorrere insieme.
Dove c’è odio (anche “politico”) non c’è futuro.
Dove c’è amore c’è speranza e c’è l’unico futuro possibile.

11. Carissimo S. Celestino,
donaci un po’ della tua fede,
del tuo amore a Cristo e ai fratelli.
Donaci la capacità di perdonare e di amare.
Insegnaci tu ad amare la nostra città e il suo futuro.
Un futuro che è nelle mani di Dio.
Ma anche nelle nostre mani se, come te, sappiamo essere uomini e donne pieni di pace e di speranza.
Amen.

CHIODI – Il presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, non potendo essere presente perché fuori sede con la famiglia, ha inviato il proprio “sentito saluto personale e della comunità abruzzese, che mi onoro di rappresentare” al Sindaco dell’Aquila ed ai cittadini, per l’apertura, stasera, delle celebrazioni celestiniane. “Il fatto di essere qui, in questa Piazza Palazzo da sempre simbolo del fermento sociale ed istituzionale – si legge nella missiva di Chiodi – significa in sé che nella vita di tutti i giorni, nel recupero delle tradizioni, del senso di appartenenza, e della spiritualità, ci avviamo verso la tanto ambita, seppur lenta, normalità”. “Siete riuniti per accendere il tripode della pace – è scritto ancora – quel fuoco tanto caro a Celestino V che dovrebbe essere dispensatore di armonia, comune sentire, umana pietà. La difficile ricostruzione della Città (che io sto vivendo altresì nel ruolo di Commissario) ci ha portato e ci porta a scontri dialettici anche piuttosto aspri. Sono stati lunghi mesi di intenso lavoro, in cui però ognuno di noi si è impegnato al meglio per il bene della collettività. Ed ecco – dice il Presidente – che il messaggio dell’umile eremita del Morrone ci scuote con tutta la sua violenta attualità, riproponendo con forza i temi della riconciliazione, del perdono, della pace, appunto”. “In questa occasione di elevata aggregazione umana – esorta poi – cerchiamo tutti di recepire l’insegnamento, non solo religioso ma anche ‘politico’, del saggio fraticello, figlio eletto della nostra terra. Cittadini ed amministratori, amministratori e politici, tutti noi, non mettiamoci in contrapposizione, ma collaboriamo sinergicamente per il bene di questa nostra stupenda L’Aquila”. “Celestino, ai suoi tempi, riuscì con la Bolla del Perdono a ricostruire un dilaniato tessuto sociale, ad infondere nella sua gente fiducia nel prossimo e nell’umanità, a credere nel futuro – riconosce il governatore Chiodi – Oggi noi siamo chiamati ad un compito ancora più arduo, perchè la nostra è una ricostruzione tout court: materiale, economica, identitaria. Insieme, dunque – suggerisce nella nota – promuoviamo il dialogo ed il confronto, per un obiettivo più grande che non sia il mero tornaconto elettorale e particolare. Ed operiamo coralmente per ridare un avvenire vero alla città ed ai nostri figli. E’ ciò che Celestino vorrebbe da noi – conclude – ed è ciò che dobbiamo imporci di fare”. A rappresentare la Regione Abruzzo, nel palco delle autorità, l’assessore alla Protezione civile, l’aquilano Gianfranco Giuliante.

PORTA SANTA – MARCHETTI – “E’ di fondamentale importanza dare segnali di rinascita ai cittadini, ed oggi L’Aquila vede tornare al suo originario splendore il monumento più significativo per la città”. Così, il Vicecommissario per la tutela ai beni culturali, Luciano Marchetti, ha dichiarato oggi durante l’inaugurazione della Porta Santa della Basilica di Collemaggio, a L’Aquila, che è stata definitivamente restaurata dai danni subiti dal sisma 2009. “Grazie a questo restauro, il rito religioso della Perdonanza potrà essere celebrato nella giusta cornice” – ha aggiunto il Vicecommissario – “l’apertura della Porta Santa, quest’anno, diventa anche simbolo della ricostruzione della città”. Il restauro è stato fortemente voluto dal Vicecommissario Marchetti ed è stato finanziato dai proventi ricavati dalla vendita dei volumi “Memento Aquila” e grazie ai fondi derivanti dalla campagna promossa dal Lions Club dell’Aquila tra gli altri club in Italia. I volumi sono stati acquistati sia da privati cittadini, sia da enti locali quali la Regione Abruzzo, la Provincia dell’Aquila, la Cassa di Risparmio dell’Aquila e la Fondazione Carispaq. Il restauro, dal punto di vista tecnico, progettato e diretto dallo storico d’arte, dott.ssa Biancamaria Colasacco, è stato eseguito dall’Associazione “Restauro in Abruzzo” costituita da cinque ditte di restauro, con la consulenza scientifica di Ulderico Santamaria, professore presso il Dipartimento di Scienze dei Beni Culturali dell’Università della Tuscia di Viterbo. Dopo la prima delicata fase di messa in sicurezza e un’ampia campagna di indagine volta a un’accurata scelta delle metodiche da utilizzare, la scelta metodologica è stata quella di restituire una lettura unitaria del restauro che ha interessato tutti gli elementi lapidei, la lunetta affrescata ed anche le ante lignee. Inoltre, sono stati analizzati e decifrati per la prima volta i graffiti incisi sulle pietre della porta, grazie al lavoro di Carlo Tedeschi, prof. di paleografia latina presso l’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti.

SINDACO – Da quel 29 agosto 1294, in cui l’umile eremita Pietro del Morrone ricevette l’incoronazione a Pontefice con il nome di Celestino V, la Città dell’Aquila ha il suo Giubileo, il primo della storia!
Per anni, la sera del 23 agosto, abbiamo guardato tutti, con il fiato sospeso, verso la trecentesca Torre Civica, in attesa dell’accensione del Tripode e dei fuochi pirotecnici che illuminavano a giorno la Piazza.
Per anni, nella settimana dal 23 al 29 agosto, il centro storico, il nostro bellissimo centro storico, ha brulicato di persone, sia cittadini che visitatori, che affollavano le sue strade lastricate di antica pietra bianca, le sue piazze suggestive, le chiese imponenti, i cortili appartati dei suoi palazzi fieri.
Nell’aria di quelle sere di fine estate aleggiavano note musicali che si mischiavano al vociare della gente, e poi spettacoli teatrali, proiezioni cinematografiche, convegni, mostre. Arte nell’arte, spettacolo nello spettacolo offerto da questa città così bella e così antica.
Per quelle strade ci si incontrava, ci si ritrovava. Era la fine dell’estate, l’avvio di un nuovo anno di lavoro e di studio per la comunità, alla fine delle vacanze. C’eravamo tutti. I volti sorridenti, sereni. I più belli erano quelli dei giovanissimi, per molti dei quali quei giorni erano i primi nei quali poter rincasare un po’ più tardi, perché protetti dall’atmosfera serena e da una città dolce e sicura.
Quella maledetta notte del 6 aprile 2009 ha cancellato anche questo.
La Perdonanza di quell’anno si svolse in forme ridotte, nei contenuti e nel percorso.
Ricordo che, mentre attraversavo da solo le strade della città ferita, sino alla piazza del Duomo, avevo le lacrime agli occhi, le stesse lacrime che rigavano il viso di tutti coloro che erano presenti lungo il percorso del viale di Collemaggio.
Fu impossibile per me non pensare che, allora come oggi, tra quei volti, mancavano 309 persone, strappate all’abbraccio dei propri cari dalla violenza del sisma.
Oggi, con grande commozione, siamo qui, per la prima volta dopo quella fatidica data, a dare il via alla Perdonanza, attraverso la solenne accensione del Tripode, da questa splendida piazza, ingabbiata, ferita, transennata, ma viva, come i nostri cuori feriti ma ancora pulsanti, desiderosi di tornare alla vita di un tempo.
Una circostanza che mi commuove e mi emoziona, come un nuovo inizio, e che so commuovere ed emozionare tutti voi.
Da settimane attendo con ansia questo appuntamento, ormai divenato un evento di profonda spiritualità. Perché mai come in questo tempo sento, come certo sentono tanti aquilani, il bisogno di riconciliarmi non solo con gli altri, ma anche, e forse soprattutto, con me stesso, alla ricerca di una pace e di una serenità che, come molti di voi, non riesco a trovare. Mi vengono in mente le parole del Santo Papa Giovanni Paolo II che, durante un’edizione della Perdonanza, commento così il messaggio di Celestino V: “Bisogna riconciliarsi prima con il Creatore, poi con le creature, poi con se stessi”.
Da giorni penso che il Perdono di Celestino, così come egli lo volle e così come noi dobbiamo e vogliamo apprestarci a vivere, è per l’appunto quello di riconciliarsi. Non posso non pensare al tema e alle riflessioni che emersero dall’edizione 2008, l’ultima prima del sisma.
Ricordate. Il tema di quell’edizione fu “Giustizia e Perdono”. Oggi quelle riflessioni sono per me più che mai attuali. Non c’è Perdono, non ci può essere Perdono, senza Giustizia, non c’è Giustizia senza Perdono, cioè senza riconciliazione.
E Giustizia è quello che noi chiediamo.
La chiediamo per la nostra città ferita. Giustizia per le nostre vittime, giustizia per le nostre vite spezzate, giustizia per il futuro dei nostri figli.
Ma giustizia, lo voglio ricordare a me stesso per primo, e a voi tutti, è innanzitutto saper riconoscere quanto è stato fatto per noi e ringraziare chi si è speso e si spende per questo cratere e per la nostra terra.
L’abbiamo chiesta, Giustizia, a gran voce. Durante manifestazioni infinite e dimenticate dai mass media; durante cortei pacifici per le vie del centro di Roma, che hanno suscitato una repressione dura e inspiegabile nonostante le nostre mani alzate; l’ho chiesta, Giustizia, in non so più quante riunioni, incontri, meeting, telefonate, colloqui, anche e soprattutto mentre ringraziavo per quanto fatto ed ottenuto .
C’è stata promessa, Giustizia, ma non basta, quello che abbiamo è ancora troppa incertezza sul futuro, sulla ricostruzione, sulla necessaria ripresa economica.
Giustizia, per noi, è tornare a decidere del nostro futuro, riprenderci la possibilità di avere diritto di parola su noi stessi e la nostra terra;
Giustizia è sapere quando potremo tornare nelle nostre case, quando potremo di nuovo vivere il centro storico, senza l’angosciante sensazione di aggirarci nelle strade di una città fantasma;
Giustizia è avere un trattamento equo; Giustizia è riavere vere scuole per i nostri figli;
Giustizia è avere ciò che ci è dovuto, per diritto e non per favore. È poter tornare ad essere una comunità serena.
Sappiamo di chiedere molto, che sarà un percorso difficile, in un Paese che vive un momento non solo difficile ma addirittura drammatico. Ma sappiamo che tutti lo vogliono fare, questo percorso, anche il Governo. Ed allora potremo avere e vi giuro che avremo questa giustizia. Ma solo se ci sforzeremo, tutti, di cercare, di pretendere la verità, di capire le ragioni di tutti e di lavorare insieme. Ma di cominciare, come atto, lasciatemelo dire, di lealtà e di amore, a dirci la verità, perché la verità porta alla giustizia, e la giustizia alla pace. La nostra comunità è dilaniata, in tutte le sue componenti, perché non ci riconosciamo nella ricerca della verità, poiché a volte questa ricerca spaventa, dal momento che implica il riconoscimento della propria, singola verità, ma anche di quelle altrui, e, senza questo insieme di tante piccole verità.


23 Agosto 2011

Categoria : Cronaca
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