L’errore di chiudere le C.M. che lavoravano


Fara S.Martino – Scrive il consigliere comunale Antonio Tavani (foto): “Anni fa lo smantellamento di Enti, servizi e attività sul territorio prese vita dalla polemiche “artatamente provocate” sulle Comunità montane “in riva al mare”, quello sfregio alla democrazia e alla civiltà che uno Stato carente nella programmazione e assente nei controlli, permise negli anni 70 e 80, in danno prima di tutto dei territori interni e montani. Così, come di solito accade quando “si fa di tutt’erba un fascio”, furono avviate a chiusura decine e decine di Comunità Montane vere, quelle che si erano strutturate nell’Italia e nell’Abruzzo più interno con sedi, patrimonio e personale utilizzati per fornire servizi importanti alle comunità, soprattutto nel campo dei servizi sociali e della diversabilità, ma anche dei piccoli investimenti infrastrutturali e dei primi illuminati ragionamenti sui servizi associati e sulle unioni.
Quella generalizzazione fu sbagliata, oggi quei servizi non sono mai più tornati sui nostri territori, un vero peccato perchè le Comunità Montane costavano, e costano, veramente poco visto che il personale di quelle Comunità Montane, falsamente chiuse, come falsamente chiuse e abolite sono le Province, è tutto interamente ancora in forza (salvo pensionamenti) ed è attualmente pagato per “non fare nulla” (attendo smentite ovviamente), essendo state svuotate di competenze ma MAI CHIUSE e il personale mai trasferito. La colpa non è di quei dipendenti sia chiaro, per lo più vincitori di concorso, ma di uno Stato che non ha visione, non conosce il proprio territorio (e i disastri ambientali e i morti che piangiamo in questi giorni stanno a testimoniarlo) e ritiene che solo il taglio irragionevole, orizzontale e asettico di sedi, enti, servizi, investimenti e persino della manutenzione ordinaria possa portare al recupero di quei parametri “finanziari” che l’Europa chiede (ma chi è l’Europa?), pur in un contesto dove il vecchio continente è diventato il più povero dell’era globalizzata con percentuali di decrescita tanto importanti quanto significative sono quelli della crescita altrui (India, Cina, Usa e Brasile, per esempio).
In pochi anni, dal 2008 in poi, le Comunità Montane sono state riformate in questo modo: tolti i Consigli (praticamente gratuiti) e quindi la rappresentatività democratica, tolte le Giunte e le indennità, tolti i Presidenti e le indennità, nominati i Commissari appena una anno addietro. Nel frattempo distolta la sua funzione più importante (quella delle gestione dell’Ambito Sociale e del Piano di Zona dei Servzi Sociali, che spesso coincideva propio con l’ambito della Comunità Montana stessa, che ne costituitva ideale riferimento geografico).
Vale a dire che se foste entrati, da tre-quattro anni a questa parte, in una delle qualsiasi sedi ancora oggi attive della Comunità Montana, vi sareste chiesti per quale arcano motivo ci fossero uffici aperti, riscaldati e popolati da personale in questo quadro normativo e sostanziale di azione, anzi di NON-AZIONE.
Ma si sa, quando lo Stato parte, in poppa la demagogia e il populismo dell’abolizione degli enti inutili e della “casta”, non c’è nulla che lo possa fermare, soprattutto quando queste azioni hanno conseguenze su pochi e solitamente i più deboli, tra i cittadini italiani, e abruzzesi. Nulla conta se poi queste riforme sono in gran parte solamente annunciate, mai portate a termine, le Comunità Montane ne sono un esempio oggi visibile e le Province una prossima sicura dimostrazione.
Tutti demmo battaglia, ma si sa come per gli ospedali piccoli fummo subito accusati di difendere l’uffico sotto casa (dopo l’ospedale) ma ci fu un partito, con i suoi dirigenti, particolarmente convinto di queste ragioni, era il PD Abruzzese e quello Chetino in particolare, che con due dei suoi uomini più rappresentativi nei territori (Antonio Innaurato, Sindaco di Gessopalena e allora Presidente di “CM Palena” e Adamo Carulli, Sindaco di Roccamontepiano e quindi parte della Conferenza dei Sindaci di “CM Maielletta”) inscenarono battaglie polemiche per difendere queste realtà. Questi due uomini hanno appena accettato di essere i commissari dei commissari, in un’Italia dove se non puoi “nominare” allora “commissari”, e se non puoi “commissariare” allora “bis-commissari”.
L’importante è dare una seggiola a tutti, eletti e soprattutto non-eletti. Chapeau al nuovo corso della Regione Abruzzo.


17 Novembre 2014

Categoria : Cronaca
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