Inchiesta crolli: mirino sui “Grandi rischi”


L’Aquila – Con la sequenza sismica marchigiana, che si fa sentire anche in Abruzzo (aquilano e teramano) gli esperti ci vanno con i piedi di piombo. Sembrano ammaestrati dalla dura esperienza aquilana: nessuno, oggi, si azzarderebbe a minimizzare. Le dichiarazioni, quelle poche che si riescono a leggere, sono caute. Che i grandi tranquillizzatori abbiano imparato la lezione? Sarà forse anche merito dell’inchiesta della Procura aquilana, che proprio in questi giorni ha imboccato – con la massima cautela e riserbo assoluto – le carte della commissione Grandi Rischi, sì, quella che su richiesta della Protezione civile si adunò il 31 marzo a L’Aquila, palazzo Silone, per cavarsela dicendo: “Ma sì, niente previsioni, in fondo lo sciame sta andando avanti come sempre, è serio ma non perdiamo la calma”. La calma non si perse, ma 307 vite sì, perchè pochi giorni dopo fu il 6 aprile, e poi non fu più nulla per una povera città messa in ginocchio: L’Aquila.
L’inchiesta sta toccando, anche in seguito ad esposti di cittadini e associazioni, temi scottanti. La riunione della commissione avvenne, a quanto pare, senza esponenti di spicco della Protezione civile. Solo sismologi e scienziati o presunti tali. Gente che viene interrogata in questi giorni, nel riserbo totale. Appare singolare, alla luce di quanto è successo, che la commissione abbia pensato, allora, ad uno screening di edifici a rischio, quando esistevano fior di studi e documenti che elencavano tutti tali edifici, uffici, scuole, palazzi pubblici. Un orientamento almeno tardivo, visto che negli anni precedenti nessuno si era mai preoccupato di ciò che gli studi avevano già evidenziato. Tutti ignorati, occultati forse alcuni. Come quello geologico di una ventina di anni orsono che parlava di anomala capacità di accelerazione delle onde sismiche di parti del sottosuolo aquilano. Una scoperta che pare risalga alle prospezioni effettuate quando fu costruito il tunnel sotto l’ex ospedale psichiatrico di Collemaggio.
Una cosa si sarebbe dovuta fare il 31 marzo, e non fu fatta: prepararsi ad una possibile emergenza sismica. Che era in atto da mesi, scossa dopo scossa. E’ un macigno questa constatazione. Costerà cara a qualcuno? La Procura raccoglie elementi e poi trae le conclusioni: i giudici decidono chi deve risponderne in tribunale. Un avviso di reato non è una condanna. Siamo alla fase preliminare. (Nella foto Col: La commissione Grandi Rischi riunita a L’Aquila il 31 marzo: si riconoscono Bàrberi e Boschi)


13 Gennaio 2010

Categoria : Cronaca
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