Preghiere per l’unità dei cristiani


L’Aquila – Riceviamo dalla Curia dell’Aquila: “Dal 18 al 25 gennaio anche nella nostra Diocesi sarà celebrata la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani. A partire dal 18 gennaio (eccezion fatta per domenica 24 quando ogni comunità parrocchiale sarà chiamata a pregare per l’unità dei cristiani e a raccogliere le offerte per Haiti) fino al 23 gennaio, alle ore 18.30, una S. Messa animata da varie associazioni, sarà celebrata nella Chiesa di S. Mario alla Torretta.
Per la conclusione della Settimana, il 25 gennaio alle ore 19 sempre alla Torretta, l’Arcivescovo Molinari, il parroco della parrocchia ortodosso-rumena dell’Aquila e alcuni rappresentanti di altre confessioni cristiane provenienti da varie parti d’Abruzzo, guideranno un momento di preghiera ecumenico.
Al termine della preghiera ecumenica, l’Arcivescovo Molinari come segno di una collaborazione concreta e fattiva con i fratelli delle altre confessioni cristiane, concederà per un anno ai rumeni ortodossi presenti in diocesi, rappresentati dal parroco Sorin, la chiesa di S. Pietro in Pizzoli. Dopo il terremoto, infatti, i rumeni ortodossi che si riunivano sempre in un edificio cattolico messo a disposizione dell’arcidiocesi (la Chiesa dell’Immacolata Concezione -sotto i portici-) sono rimasti senza un luogo di culto. Molinari, allora, accogliendo la richiesta del vescovo rumeno ortodosso d’Italia Siluan, ha chiesto alla comunità di Pizzoli, di mettere a disposizione temporaneamente la chiesa di S. Pietro per il culto ortodosso.
Il tema della Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani 2010 è preso dal Vangelo di Luca:
“Voi sarete testimoni di tutto ciò” (Luca 24, 48).
Il tema della Preghiera per l’unità dei cristiani del 2010 si collega al ricordo della Conferenza missionaria internazionale di Edimburgo che viene riconosciuta come l’inizio ufficiale del Movimento ecumenico moderno. Nei giorni 14-23 del giugno 1910, oltre mille delegati, appartenenti ai diversi rami del Protestantesimo e dell’Anglicanesimo, a cui si unì anche un ortodosso, si incontrarono nella città scozzese per riflettere insieme sulla necessità di giungere all’unità al fine di annunciare credibilmente il Vangelo di Gesù. A cento anni di distanza la tensione missionaria che riunì quei cristiani può aiutarci a riflettere sul legame che c’è tra missione e comunione nella vita dei cristiani. Sappiamo bene, infatti, che l’evangelizzazione è tanto più efficace quanto più i discepoli di Gesù possono mostrare la loro comunione, la loro unità. Del resto lo stesso Maestro li aveva avvertiti: “Da questo riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri”. Queste parole del Signore fanno emergere ancor più la contraddizione che c’è tra le divisioni dei cristiani e l’obbligo che comunque essi hanno di un annuncio credibile. D’altra parte non possiamo certo rinviare la comune testimonianza evangelica fino al giorno in cui sarà ristabilita la nostra piena comunione. E comunque sappiamo anche che la prima testimonianza è la nostra comunione.
L’urgenza di una evangelizzazione credibile ha spinto Giovanni Paolo II, nell’enciclica Ut Unum Sint, a mettere il dito nella piaga: «E’ evidente che la divisone dei cristiani è in contraddizione con la Verità che essi hanno la missione di diffondere, e dunque essa ferisce gravemente la loro testimonianza. .. Come annunciare il Vangelo della riconciliazione senza al contempo impegnarsi ad operare per la riconciliazione dei cristiani? Se è vero che la Chiesa, per impulso dello Spirito Santo e con la promessa dell’indefettibilità, ha predicato e predica il Vangelo a tutte le nazioni, è anche vero che essa deve affrontare le difficoltà derivanti dalle divisioni. Messi di fronte a missionari in disaccordo fra loro, sebbene essi si richiamino tutti a Cristo, sapranno gli increduli accogliere il vero messaggio? Non penseranno che il Vangelo sia fattore di divisone, anche se esso è presentato come la legge fondamentale della carità?»(n.98).
La comunicazione del Vangelo e la comunione tra i cristiani sono due dimensioni che chiedono di essere vissute in maniera più responsabile da tutti i cristiani, anche in Italia. Durante il IV Convegno Ecumenico Nazionale, tenutosi a Siracusa abbiamo riflettuto sul tema paolino: «Guai a me, se non annuncio il vangelo». La memoria dell’Apostolo ci ha mutato a comprendere ancor più chiaramente il legame tra l’urgenza della evangelizzazione e una nuova audacia nel cammino ecumenico. Abbiamo ringraziato il Signore per il cammino ecumenico che le Chiese e le Comunità ecclesiali hanno compiuto in Italia soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II. E abbiamo sottolineato l’irreversibilità di tale cammino, sapendo bene che l’unità non è il frutto delle nostre alchimie umane ma un dono di Dio che dobbiamo chiedere anzitutto con la preghiera. Certo, a noi viene chiesto di non lasciare nulla di intentato per compiere quei passi che ci portano verso l’unità. Abbiamo, infatti, riconosciuto il pericolo di cadere nella sottile tentazione di assuefarci alla divisone, di convivere troppo facilmente con la ferita della disunione, ritenendola una condizione insuperabile. Se così facessimo, saremmo responsabili di una grave colpa. Tanto più che abbiamo davanti a noi nuove sfide che chiedono invece un impegno più comune. Basti pensare alla diffusione di quella mentalità materialistica che sta allontanando sempre più dal Vangelo uomini e donne, giovani e adulti, ed anche adolescenti e bambini. L’attitudine egocentrica che ne consegue spinge a ripiegarsi su se stessi privilegiando i propri interessi e dimenticando quelli dei poveri, dei deboli, degli immigrati, degli angari e di coloro che non hanno né voce né posto nella società. Non possiamo non guardare preoccupati questa involuzione che avvelena le radici stesse della convivenza nel nostro Paese. Vi è poi un altro fenomeno che ci riguarda da vicino e che chiede a noi tutti una rinnovata generosità. Ci riferiamo alla immigrazione cristiana nel nostro Paese. Si tratta di centinaia di migliaia di fratelli e sorelle sia ortodossi che evangelici, oltre che cattolici, che sono approdati in Italia per cercare una vita migliore. La loro venuta è come una preghiera rivolta anche a noi perché ricevano una risposta di amore. Anche l’ecumenismo italiano deve ascoltare questo grido: dobbiamo affinare le orecchie del nostro cuore, allargare la nostra mente e unire le nostre braccia per accogliere questi nostri fratelli e aiutarli a crescere anche nella fede.
In questo orizzonte è stato scelto il capitolo 24 del Vangelo di Luca. E’ la narrazione del giorno di Pasqua. L’ascolto comune di questa pagina evangelica può mutarci a riscoprire il grande dono della Pasqua di cui tutti dobbiamo essere testimoni. Lo furono quelle donne, lo furono anche i due di Emmaus ed anche gli Undici. Non possiamo che metterci sulle loro orme a partire dall’obbedienza nell’ascolto. Anche noi sentiremo ardere il nostro cuore e cercheremo di tornare verso Gerusalemme per testimoniare assieme l’incontro con il Risorto. La preghiera rivolta al Padre nell’ultima cena perché i discepoli siano una cosa sola”(Gv 17, 21) trovava concretezza nel comando che il Risorto diede loro: “Voi sarete testimoni di tutto ciò”(Lc 24,48). A noi è chiesto di accogliere questo invito e, nell’ascolto comune del Vangelo, chiedere al Signore di aiutarci per affrettare i nostri passi verso la comunione piena”.


16 Gennaio 2010

Categoria : Cronaca
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