70 auguri speciali a Proietti


L’Aquila – (di G.Col.) – Lui sì che è un grande. L’aggettivo si usa e spesso si spreca quando si discorre di artisti. Per Gigi Proietti non è sprecato, bensì giusto. Forse anche insufficiente. Oggi Proietti ha settant’anni, e il suo viso sulfureo e romanesco è arricchito dai segni dell’età, che lo fanno più austero anche quando canta filastrocche e canzonette argute, mai banali. Capelli e barba sono sale e pepe. Sempre dritto e alto, vagamente leonino nel cipiglio. Un grande artista, un inimitabile personaggio. Vogliamo fargli 70 auguri speciali da L’Aquila, città che ama, e che conosce da quando era giovane, meno che trentenne. I nostri auguri sono ricordi.
Proietti fece irruzione nel Teatro Stabile di Giampaola, Centofanti e Fabiani: quello aquilano doc di tanti anni fa. Una quarantina almeno. Pigro, la mattina gironzolava sotto i portici del centro con Il Messaggero piegato sotto il braccio. Negli uffici del TSA spesso regalava chitarrate, melodie, strofe, sui divani rossi della Sala Rosa che oggi non c’è più: li c’erano, allora, gli uffici dello Stabile. Simpatia, garbo, intelligenza. Un giovane che avrebbe fatto strada, ma allora aveva appena fatto i 100 km tra Roma e L’Aquila. Pochi lo conoscevano nello spettacolo. Il TSA ebbe l’intelligenza di sceglierlo per un allestimento passato alla storia del teatro: Operetta di Gombrowicz. Ne scaturì uno spettacolo bello che più bello non poteva essere, che si chiudeva con un casto, rapido nudo di donna. Uno dei primi. Gigi Proietti partì per la celebrità proprio da quelle scene. Il resto è noto a tutti coloro che seguono cinema, teatro, televisione (di una certa qualità). Anni e anni dopo, grazie alle raccomandazioni di Federico Fiorenza, ottenemmo venti minuti di intervista televisiva a tu per tu con Proietti. Una delle più azzeccate della nostra pur lunghissima storia televisiva in varie testate abruzzesi e aquilane. Un Proietti ironico, arguto, profondo, persino modesto, brillante quel che serve, pacato in molti momenti. Un’esternazione a tutto tondo, per quel che un attore può fare di fronte ad una telecamera di provincia. Oggi suonano i 70 anni, che non sono molti (oggi), ma neppure pochi. No, di tornare a L’Aquila e allo Stabile nemmeno a parlarne. ha detto a Il Centro. Da quando c’è la politica, i direttori del TSA fuggono a gambe levate uno dopo l’altro, e nessun vero artista resisterebbe a burocrazia, politici, nomine, pressioni, indirizzi politici, scelte telecomandate e così via. L’Italia prezzolata e volgare ha saputo avvelenare anche il teatro e il cinema. Proietti qui c’è stato, lo abbiamo avuto aquilano doc (amava certi ristoranti periferici di quei tempi e certe abitudini locali), poi la storia è finita. Tutto finisce: del resto, pare finita anche L’Aquila, no? Il suo sorriso un po’ beffardo e un po’ demoniaco rimane, ricordo indelebile, nel Sole che disegnava le ombre delle arcate dei portici. Gigi leggiucchiava Il Messaggero, che scriveva di traffico feroce a Roma, anche di mattina. Sbottò: “Ma ‘ndo dovranno annà li romani de mattina? Vacce a capì…”. Settanta auguri, e speriamo che tu ci legga, Gigi. Non si sa mai, fossi pure appassionato di web? Sei stato tra i pochi che formavano il meglio capitato nella città finita il 6 aprile 2009, che tenta di svegliarsi da torpori maligni e malsani rigurgiti di passato. Facci gli auguri anche tu.


02 Novembre 2010

Categoria : Storia & Cultura
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